Barracas – Belgrano: una nuova macchia sul calcio argentino

Le partite del Barracas Central sono sempre oggetto di polemiche infinite. I diversi arbitri che lo dirigono sono sempre nell’occhio del ciclone. Perchè? La connessione che c’è tra il club e l’AFA è purtroppo conosciuta a tutti: Claudio “Chiqui” Tapia, oggi presidente della federazione madre del calcio argentino (AFA), è stato in passato il presidente del Barracas Central. In più: lo stadio porta il suo nome, uno dei suoi figli è il presidente attuale e un altro figlio è calciatore nella suddetta squadra. Claro?

Ricardo Caruso Lombardi, famoso e carismatico allenatore di alto profilo, autore di frasi memorabili e oggi direttore tecnico del Belgrano di Córdoba in settimana aveva avvertito tutti lanciando l’allarme. La paura di trovare un altro arbitro ‘empresentable’ era davvero reale, specialmente contro il Barracas. La speranza del tecnico era quella di poter giocare una partita onesta e alla pari, essendo diretto magari diretto da un arbitro di Primera Division, molto più preparato e meno incline ai favoritismi. Gli ultimi arbitraggi erano un valido motivo di preoccupazione per poter pensare male, per cui leggendo i giornali della settimana si capiva la sua grande paura. E aveva assolutamente ragione.

Passano i giorni e arriva domenica, la data fatidica. E’ una bella giornata primaverile e il futbol a queste temperature è un toccasana che ristora gli animi argentini, a lungo privati di questa necessaria gioia. La gara appare dominata dal Belgrano, squadra con calciatori più tecnici e con capacità di gioco maggiori rispetto ai padroni di casa, Davanti non si combina molto, l’attacco sembra avere le polveri bagnate, ma tant’è. Si arrivava così alla metà del secondo tempo, quando improvvisamente iniziava un’altra partita.

Nelson Sosa, l’arbitro, iniziava il suo show buttando fuori il difensore Novillo per doppio giallo e inspiegabilmente mostrando un rosso anche a un centrocampista di Caruso, neanche due minuti dopo. Il Belgrano doveva così giocare il resto della partita in 9 contro 11. Il predominio tecnico mostrato fino a quel momento era improvvisamente sfumato: il Barracas da lì in avanti iniziava a prendere le redini della partita, forte della doppia superiorità numerica.

Nonostante 20′ di supremazia, si arrivava al 90’ ancora sullo 0-0, con cinque minuti di recupero da giocare. In questi cinque minuti, Sosa espelleva anche Caruso Lombardi e il suo secondo per proteste. E mentre l’allenatore del Belgrano usciva dal campo arrivava l’ovvio gol che mancava di quel pomeriggio: in una giocata polemica (si vocifera in fuorigioco), il Barracas segnava il gol che, appena dopo pochi secondi, si trasformava in vittoria.

Una volta terminata la partita prendeva la scena l’assoluta locura. Tutto il Belgrano andava a protestare veementemente contro la terna arbitrale: erano le espulsioni e il fuorigioco gli argomenti più caldi esposti con fervore dall’equipo ospite. Caruso era fuori di se ma doveva ancora arrivare il peggio. Alcune persone non tesserate e presenti in tribuna, invadevano il campo, colpendo con calci e pugni i giocatori ospiti. Un’assoluta vergogna da condannare, molto più grave in questo periodo, dato l’assoluto divieto di presenza del pubblico sugli spalti. Che ci facevano lì? Chi li ha fatti entrare?

Immediatamente diventava il nuovo scandalo nazionale, con Caruso, sconsolato, che diceva in TV: “Se vogliono dargli la promozione che lo facciano pure, basta che ce lo dicano, così almeno ci risparmiamo il viaggio. Siamo ostaggi del calcio argentino”.

di Mariano Perusso


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È pronta la nuova vergogna dell’AFA

In Argentina non ci si annoia mai, soprattutto nel fútbol. Cambi di regole al volo, votazioni paradossali, sorteggi ai limiti della comprensione…tutto molto meglio di una premiata serie tv. L’Ascenso, le divisioni minori del futbol argentino, probabilmente assumono appieno queste caratteristiche. Il risultato finale? Una vera e propria giungla.

Chiqui Tapia e i compañeros dell’AFA hanno finalmente stabilito un torneo di transizione per definire le promozioni in tutte le divisioni dell’ascenso. Il risultato purtroppo è un altro disastro per il calcio argentino.

Otto mesi fa veniva dichiarata la fine ufficiale della stagione in tutte le divisioni calcistiche argentine. In una fatidica giornata alcune squadre della Primera D venivano avvertite del termine del campionato solo a pochi minuti dall’arrivo allo stadio. Tutto a dimostrazione della disorganizzazione del calcio argentino. Otto mesi più tardi, dopo una interminabile “rosca” (espressione argentina utilizzata per riferirsi a manipolazioni, accordi e bugie della politica), uscivano magicamente i nuovi formati dei tornei di transizione. Ovvero, l’inizio di un nuovo torneo che azzerava i meriti delle squadre guadagnati sul campo.

Nella Primera Nacional, la serie b Argentina, le squadre più ‘danneggiate’ sono Atlanta e San Martín de Tucumán, capoliste all’epoca dello stop ma aggiunte nello stesso ‘sacchetto’ di sorteggio delle successive 6. L’Atlanta, per esempio, partirà dai playoff allo stesso livello del Agropecuario, nonostante i 12 punti di differenza. Anche per San Martín sarà lo stesso, insieme a Villa Dalmine, quest’ultima arrivata in classifica con 18 punti in meno.

FORMAT INCOMPRESIBILE. Il formato prevede che le 8 migliori squadre di ogni gruppo giochino insieme, tutti contro tutti in una sola partita. Le due vincitrici dei gironi si affronteranno poi in una finalissima per un posto promozione. Il perdente, aspetterà i tre vincitori di una, ulteriore lunghissima competizione in formato Coppa per classificare la semifinale che definirà la seconda promozione.. Capite bene che basta poco per mandar all’aria un complicatissimo e cervellotico sistema ideato dagli scienziati della federazione. Ma va bene così, se lo dice il presidentissimo Chiqui Tapia noi ci fidiamo ciecamente.

Nella Primera B, già c’era un campione, l’Almirante Brown, che aveva vinto il primo piccolo torneo. Ma nonostante ciò dovrà giocare un altro mini campionato con le sei migliore squadre della classifica generale. Se vince l’Almirante, otterrà la promozione diretta, se invece vincerà un’altro club affronterà successivamente l’Almirante per definire la promozione. Lo stesso capiterà con Cañuelas e Liniers, i vincitori della prima metà della stagione, rispettivamente della C e D.

Tutte le altre squadre di ogni divisione, giocheranno, in formato di coppa, per arrivare a una finale e conquistare l’ultimo posto disponibile per salire di categoria. Quindi, così, tutte le squadre di tutte le divisioni avranno la possibilità di ottenere la promozione, anche se in classifica stagnavano nelle ultime posizioni a marzo. Una scelta con il timbro di un’AFA che non prende decisioni seguendo la meritocrazia conquistata sul campo con lo spirito sportivo, ma secondo la famosa “rosca”, dove tutto può accadere d’incanto da un momento all’altro.

di Mariano Perusso


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Los Clasicos más peligrosos de Ascenso: Atlanta – Chacarita

INCIPIT. In Argentina le partite più sentite e importanti sono quasi sempre i “clásicos”. Queste rivalità, conosciute in quasi tutte le lingue futbolistiche come “derby”, sono gare dal sapore piccante, uniche e molto spesso ‘fuori dal contesto’ rispetto al campionato: ci si gioca molto più di una semplice partita e vincere queste ‘battaglie’, soprattutto in stagioni nefaste, significa “salvare la stagione”. Nella prima divisione troviamo i casi più famosi: Boca-River, San Lorenzo-Huracán, Independiente-Racing, Estudiantes-Gimnasia, Rosario Central-Newell’s, ecc.

Nell’ “ascenso”, ossia nelle serie inferiori del fútbol argentino, i classici sono diversi. Se in Primera, tranne che per Avellaneda, la stracittadina divide le tifoserie di una città, nelle serie inferiori sconquassa la vita quotidiana di un “barrio” o due barrios vicini. È questo il caso di Atlanta–Chacarita, una delle partite più pericolose d’Argentina.

Atlanta e Chacarita possedevano i loro stadi confinanti uno davanti all’altro, molto più vicini dei 300m di Racing e Independiente. È “Il clásico de Villa Crespo”, ovvero il clásico di un quartiere della città di Buenos Aires, anche se, per essere onesti, sarebbe più corretto dire che gli stessi campi sportivi erano costruiti ai confini tra il barrio di Villa Crespo e quello di Chacarita, due barrios nel centro urbano della città. Oggi solo l’impianto di Atlanta è rimasto nel suo luogo originale, il Chacarita si è trasferito a San Martín, a più di 10 kilometri di distanza , ma ancora ha la sua sede nel quartiere di nascita.

RIVALITA’. La rivalità inizia nei primi anni del XX secolo, quando le due squadre furono fondate. Atlanta non trovava un posto dove stabilirsi e per questo gli affibbiarono il soprannome di “Bohemio”. Chacarita invece fu fondato vicino al cimitero del barrio e così venne chiamato “Funebrero” (becchino). Negli anni 20, le due squadre presero una decisione: condividere un terreno dividendo i costi di affitto. Le due tribune dei due stadi si affacciarono allo stesso muro divisorio: una situazione mai vista nel mondo.

Viejos Estadios on Twitter: "¡Buenos Vecinos! Los estadios de Racing e  Independiente en Avellaneda. ¿Conocés otros casos de estadios tan cercanos?  http://t.co/oipcJjQIzR"

In quei tempi tra le due squadre non esisteva l’odio. Al termine della partita le due tifoserie lasciavano lo stadio in un clima amichevole, quasi come fratelli. Tutto cambió irrimediabilmente nel 1944, quando il Funebrero tentò di rinnovare il contratto d’affitto del campo di calcio, ma inutilmente: la proprietà era cambiata e aveva un nuovo padrone: il club Atlanta. Che non lo voleva affittare a nessuno. Così il Chacarita si dovette trasferire a San Martín, con l’Atlanta che orgogliosamente si vantava di aver cacciato i vicini dal barrio.

Anche se dal 1945 Chacarita non gioca più in Villa Crespo, quando le due squadre si affrontano danno vita sempre a partite speciali, piene di tensione, nervose e, lamentablemente, negli ultimi tempi con molta violenza. Atlanta e Chacarita hanno militato per tanti anni in Primera División. Il 1984 è stato l’ultimo anno in cui hanno giocato in Primera División, questo significa che da 36 anni non si affrontano nella serie dove meriterebbero. In queste lunghe tre decadi hanno vagato per le diverse divisioni dell’ ascenso senza mai incontrarsi: era come se non volessero più giocare contro.

Se la relazione tra queste squadre è cominciata con un’amicizia, il tempo e la violenza -ogni giorno più normale in Argentina- hanno fatto diventare questo clásico in una delle esperienze più pericolose da affrontare in un fine settimana: assistere a un Atlanta–Chacarita sarebbe come tentare di scendere un treno in corsa, nonostante le generazione più vecchie possano ancora vedere nei rivali un passato di amicizia. E così i Bohemios potranno beffarsi degli avversari vantandosi di essere i veri proprietari di Villa Crespo, come di contro, i funebreros parlaranno della paternità, espressione argentina usata per celebrare la supremazia storica di una squadra nei confronti dell’altra.

Negli ultimi anni, non c’è stata l’occasione di giocare molti clásicos per motivi di destini differente, ma in questa stagione, nonostante entrambe le due squadre militassero in Primera Nacional, sono state divise nei diversi gironi. Forse c’è ancora forte il ricordo violento di una delle più famose partite: l’ultima Primera B Nacional, nel 2012.

Sintesis: Chacarita 1 vs Atlanta 0 – 13º Fecha PBM Transición 2014 – Club  Atlético Chacarita Juniors

LOCURA. In quella partita, Atlanta e Chacarita si giocavano più di un classico: le due squadre stavano passando un pessimo periodo e vincere quella partita risultava veramente importante per salvarsi nella divisione. Il Bohemio vinceva 1-0, ma a pochi minuti dal 90′ il Funebrero pareggiò. Nel recupero il Chacarita riuscì nell’impresa di segnare il 2-1 ma ivano: il gol venne annullato per fuorigioco. Finì in pareggio, ma la partita purtroppo non venne ricordata per questo.

Al fischio finale, i “barras bravas” del Funebrero uscirono dala curva, fecero il giro dello stadio e arrivarono nel settore ospite dove c’erano i tifosi dell’ Atlanta. Ovvero, alcuni giocatori, le loro famiglie, donne, giornalisti e dirigenti. Non c’erano tifosi al seguito perché le trasferte erano vietate.

Senza nessuna presenza di polizia (!) i tifosi del Chacarita cominciarono a lanciare pietre verso il settore mentre altri cercavano un combattimento corpo a corpo. I pochi tifosi dell’ Atlanta, tra cui il Presidente e il vice Presidente, tentarono di uscire dagli spalti cercando la via del campo, saltando le barriere e difendendosi usando l’unica arma che potevano avere: la cintura dei loro pantaloni!

C5N - DEPORTES: GRAVES INCIDENTES EN CHACARITA VS ATLANTA - YouTube

Fortunatamente (e quasi miracolosamente) per come andarono le cose si ebbero alcuni feriti. Si trattava talmente di un episodio vergognoso che ne divenne scandalo nazionale. Fu questa l’ultima situazione di violenza tra queste due squadre, e nonostante si giocarono altri clasicos di Villa Crespo, nessuno è ricordato come quello del 2012.

di Mariano Perusso


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L’Animal López, l’Animal del gol

L’Animal López è un gran personaggio. Bomber nato, ha vissuto constantemente la sua carriera tra paradiso e inferno, passando anche per il purgatorio. E ora, con la ripresa del futbol, ha un conto da sistemare.

Luis Lopez, detto più comunemente l’animal del gol è nato a Villa Fiorito e ha imparato a giocare negli stessi potreros di Maradona. Oggi, a 31 anni, finalmente ha trovato la sua casa all’ Atlanta, in cerca della promozione in Primera, con l’obiettivo del centesimo gol in carriera.

Il 29 luglio 1986 Diego Maradona, capitano dell’Argentina in Mexico, alzava la Coppa del Mondo. In quel momento El Diez diveniva l’eroe simbolo dei più poveri, dei meno abbienti. Diego era diventato il giocatore più forte al mondo partendo dalla miseria più assoluta. Tre mesi dopo la consacrazione mundial, a Villa Fiorito nasceva Luis López.

Se mai avete sentito parlare della zona di Villa Fiorito, è stato sicuramente per Maradona. È un posto poverissimo in Lomas de Zamora, nella periferia bonarense (vicino alla città di Buenos Aires), fondato principalmente dai numerosi emigranti italiani e spagnoli. E anche se è diventato un posto “famoso” per Maradona, non è cambiato nulla: è ancora un posto povero e pericoloso per vivere. A Villa Fiorito non si vive, si soppravvive.

Lì è cresciuto Luis López, giocando negli stessi potreros polverosi di Maradona, camminando gli stessi pasillos del Diego. Se sei bravo col pallone è molto probabile che qualche squadra della zona ti noti. Ed è successo anche per l’attaccante López, approdato al Talleres de Remedios de Escalada nella quarta divisione argentina.

La sua trayectoria non è facile. In squadra Luis si infortuna e preferisce mollare tutto dopo che i dirigenti lo abbandonano. Addio al Talleres e al calcio professionista, ma lui continua a giocare con i suoi amici. Un giorno, il padre della sua fidanzata lo chiama, per giocare un torneo amatoriale di dipendenti di una fabbrica di frigoriferi. Manca un giocatore e Lopez può fare da tappabuchi. In quel torneo López fa sfracelli, si distingue, è veramente il migliore di tutti. E per i strani giri della vita a vedere la partita c’è Franco Morrone, un dirigente del Temperley, il club per il cui l’Animal fa il tifo. (Un osservatore in un torneo amatoriale di una fabbrica di frigoriferi !)

Otto mesi dopo, Luis López arriva alla Primera e velocemente comincia a giocare nel Celeste; lascia tutto nel campo, gioca con il sangue, con passione. Un reporter radiofonico lo chiama “El Animal del gol” per la sua particolare ferocia in area di rigore. È comune soprannominare calciatori con nome d’animali, ma lui è generico, l’animal, qualsiasi, non fa differenza. Con il Temperley ottiene la promozione alla B Metropolitana (terza divisione), alla B Nacional (seconda divisione) e sorprendentemente alla Primera Division.

Ma gli dei del futbol all’improvviso gli girano le spalle. E così, inspiegabilmente. nonostante sia una colonna portante della squadra, l’allenatore decide non prenderlo in considerazione. L’Animal non può far altro che accettare la cessione in Colombia per giocare nel Junior Barranquilla, una delle squadre più importanti del Paese cafetero. Sembra però che abbia esaurito il suo credito con la fortuna: all’inizio della stagione di nuovo si infortuna.

Nel calcio colombiano è permesso iscrivere in lista quattro stranieri, ma in campo possono giocare solo tre. In una partita lo staff tecnico si dimentica della regola, Lopez entra, e sotto l’1-2, il Barranquilla pareggia grazie a lui. Alla fine risulterà che l’Animal era il quarto straniero in campo e la partita viene persa a tavolino. Colpa non sua, certo, ma sembra continuare il suo nefasto periodo nero. López ritorna in Argentina sei mesi dopo, gioca fino alla fine della stagione col Temperley ma poi se ne va dall’ascenso.

La nuova tappa si chiama Tristán Suárez, un piccolo club vicino a Ezeiza, l’aeroporto internazionale più importante del Paese. Gioca lì tre anni, realizza 30 gol, ma nel luglio 2019 riceve la chiamata al telefono di Alejandro Orfila, allenatore dell’ Atlanta, appena approdato in serie B dopo quasi dieci anni.

Il suo arrivo è accompagnato da mille dubbi nei tifosi: l’Atlanta si separa da un attaccante di 18 gol e sceglie Luis López. Ma alla prima partita L’Animal risponde alla grande in campo: due gol negli primi 45 minuti. Sei gol nelle prime cinque partite. Nelle 20 partite giocate, prima del coronavirus, realizza 10 gol.

Il suo sogno è arrivare al centesimo gol e vuole segnarlo con l’ Atlanta. Gliene mancano appena cinque, riuscirà ad arrivare a 100 nel Bohemio? Ancora non si sa quando si ricomincerà a giocare e il suo contratto scade a dicembre, basterà?

di Mariano Perusso


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Sportivo Italiano, orgullo de Italia.. en Argentina

Hay muchas instituciones en Argentina que representan distintas comunidades. Está el Deportivo Español, por ejemplo, o Atlanta, club muy vinculado al judaísmo en Argentina. Pero ninguna representa tan bien a todos los inmigrantes italianos que todavía viven en Argentina como el Sportivo Italiano. La sociedad creada en 1955 por Pasquale Centrone, un inmigrante italiano, representa en todo y para todo el orgullo de la italinidad en Argentina. Su lema es ‘Forza Tano, in alto il cuore’ y juegan en el estadio ‘Repúlica de Italia’. La camiseta naturalmente es azul y el logo es un escudo italiano. La pertenencia y la fiereza de los origines italianos son característica imprescindible de la sociedad de Ciudad Evita.

Antonio Amerise es el joven presidente del club que juega en la Primera C, la cuarta división del fútbol argentino. Con él tuvimos una interesante conversación.

Calcio Argentino: ¿Cómo está la situación actual de Sportivo Italiano en esta crisis?

Antonio Amerise: “Por el COVID, el gobierno nacional declaró el distanciamiento social y la cuarentena total, sobre todo del punto de vista deportivo donde no hay actividad desde el 18 de marzo. Desde ese momento, empezó otro campeonato para nosotros: el económico. Todos los ingresos derivados de la actividad deportiva del club y los alquileres que recibíamos no están. Estamos sobreviviendo gracias a la ayuda económica de la AFA y de algún sponsor que todavía colabora. Pudimos pagar todos los salarios sin deberle nada a nadie, pero nos queda una pequeña deuda con Edesur (la compañía eléctrica) y la AFIP (la agencia de recaudación estatal), acordando un plan de pagos. Podemos decir que hasta el momento estamos evitando la crisis económica bastante bien”.

CI: ¿Tuviste también el apoyo de los socios del club?

AA: “Tenemos mucha empatía con nuestros socios. Hay muchos que todavía están pagando las cuotas, más de 100 nuevos socios y más de 200 que se pusieron al día. También recibimos donaciones de miembros. Nuestra institución tiene un pilar, una particularidad en la que todos nos conocemos y todos echamos una mano. Hay muchas personas que, sin ser dirigentes, siempre están atentos y dispuestos a ayudar”.

CI: ¿Es importante para usted ser un punto de referencia para la comunidad italiana?

AA: “Estamos atados a las tradiciones italianas por una cuestión de sangre. Y se nos unen muchas personas que, sin estar atados a la ascendencia italiana, hacen suyos los valores de la sociedad. Nuestros hinchas son muy fieles. Hemos creado un comité de crisis, y para nosotros, quienes estamos a cargo de todo esto, recibir un mensaje o una llamada de un socio que nos apoya es muy importante en lo anímico. Nuestra función es ad honorem, lo hacemos por una cuestión de convicción personal y amor por la institución. El mejor aspecto de este mal período es la gratitud y la cercanía de la familia Tano”.

CI: ¿Cuáles son las características del deportista italiano, del cual es representante de las tradiciones italianas?

AA: “Básicamente, el apego a los colores y a la camiseta, es decir, lo que un equipo de fútbol puede representar cuando usa los colores de un pueblo o una ciudad. Y luego está el deseo de estar juntos. Una vez al mes organizamos una comida a base de pasta o asado todos juntos. Hay una gran participación entre los fanáticos, una amistad particular en todo lo que hacemos. Es una familia numerosa donde conocemos a muchas personas que se unen a nosotros, adaptándose a lo que hacemos. Lo heredamos hace muchos años. Nuestros abuelos, que no presentes debido a una cuestión de edad, nos han dejado esta doctrina. En el Sportivo Italiano encontrarás dirigentes que toman una pincel y pintan la tribuna, o un socio que compra azulejos. Esta es la mejor bandera que podemos tener en la comunidad. La comunidad italiana ha dado mucho al país, porque ha afianzado la familia y el trabajo”.

CI: Italia es una nación con muchas diferencias territoriales y no siempre ha aparecido como un país unido. ¿También aparece reflejo en el Sportivo Italiano?

AA: “Esas rencillas son cosas del pasado. Hoy estamos al frente de instituciones italianas una nueva generación de gerentes y queremos revitalizarlos trabajando juntos para mejorarlos cada vez más. El objetivo de los jóvenes es seguir el ejemplo de nobles valores y principios, pero tratando de mejorar las estructuras existentes. Tenemos una subcomisión de colectividades, cuyo presidente es Fernando Iantorno, que está haciendo un trabajo muy importante para conectar a las comunidades italianas con Sportivo Italiano, colaborar e interactuar con ellos. Ya hay 38 que se asociaron, estamos siguiendo este ambicioso camino para llegar a todos, con la posibilidad de jugar también un papel importante en la política italiana”.

CI: Y en el plano social, ¿cuáles son los objetivos?

AA: “En desarrollo social tenemos muchos planes. Ya tenemos fútbol femenino, pero queremos muchos otros tipos de actividades. Tenemos 16 hectáreas de tierra para jugar rugby, tenis en el futuro … y comenzar a jugar un papel social más allá del campo de fútbol. Para eso tratamos de tener una sinergia con otras asociaciones locales, para poder desarrollar un lugar en el Sportivo para hacer crecer sus proyectos, en un espacio físico y estratégicamente ubicado. También queremos trabajar mucho en el ámbito cultural. Me gustaría que las clases de italiano y los eventos de la comunidad pudieran llevarse a cabo en el salón principal. El año pasado organizamos la Copa de Italia, donde participaron más de 400 niños pertenecientes a diversas asociaciones italianas argentinas. También sería un deseo tener rugby o hockey. Estamos dispuestos a escuchar propuestas y apoyarlas”.

CI: Dentro del campo, ¿ves la filosofía italiana en el juego Sportivo Italiano?

AA: “Queremos dar este tipo de filosofía: un equipo con un buen juego, en lo posible con la pelota en el suelo. Pero fundamentalmente, es la responsabilidad de representar a una comunidad tan importante como la nuestra, la verdadera filosofía italiana que queremos que los niños asimilen cuando usan la camisa del Sportivo Italiano. Por estas razones, hemos elegido a los hermanos Ariel y Lucas Crespín como nuevos entrenadores, que crecieron y jugaron aquí, en el Sportivo Italiano. Queremos que todos los jugadores sientan la misma responsabilidad de representar no solo a los hinchas dentro del estadio, sino a algo más grande”.

CI: ¿Cuáles son los objetivos del equipo?

AA: “Heredamos el equipo en Primera C y nuestro objetivo es avanzar a Primera B en poco tiempo. No es un deseo utópico, porque se puede hacer. Con el apoyo de la comunidad y una institución económicamente fuerte, podemos competir en la B Nacional, tratar de ser protagonistas en la Copa Argentina e intentar dar el gran salto, como en 1986, para aterrizar nuevamente en la Primera División”.

CI: ¿Has pensado en hacer algunos acuerdos con algunos equipos italianos?

AA: “En septiembre pensamos en viajar a Verona para hablar con los ejecutivos de Hellas. Pero para la pandemia, supongo que tendremos que esperar, al menos un año. Sin embargo, la intención es tener una afiliación con algunos equipos italianos donde podamos colocar nuestros talentos en el futuro y darles la oportunidad de desarrollar proyectos en Argentina”.

CI: ¿Qué planeaste hacer más específicamente con Hellas Verona?

AA: “Una colaboración entre las dos partes, donde un jugador que juega en nuestro equipo puede saber que no solo podrá afirmarse en nuestra institución y en el fútbol argentino, sino que también tendrá la oportunidad de jugar en el fútbol italiano, acompañado por el Sportivo Italiano. Habrá un canal directo entre Italia y Argentina a través de nuestra institución. La capacidad de competir en las mejores divisiones será muy atractiva y facilitará la llegada de muchos talentos”.

CI: ¿Estás buscando jugadores con ascendencia italiana o ciudadanía en el deporte?

AA: “No, no pensamos en eso. Seguramente, si llegamos a un acuerdo con algunos clubes italianos, un chico con doble ciudadanía podría verlo con mejores ojos, pero no estoy cerrado como para poner limitaciones, porque el Sportivo Italiano es una institución que tiene deberes sociales bien definidos en la comunidad. En nuestro caso, proporcionamos a más de 200 niños desayunos, almuerzos y merienda dentro del club y durante la pandemia distribuimos más de 600 kilos de alimentos. Por esta razón, poner filtros o condiciones no nos parece justo frente a nuestros principios y valores. Si un niño tiene doble ciudadanía, mejor, pero incluso si no la tiene, tendrá la misma oportunidad de establecerse en el plan nacional o en cualquier lugar que desee”.


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(Con la colaboración de Mariano Perusso)

Anconetani, il Tano immortale

Ieri sera Gianluigi Buffon ha fatto una partita unica, spettacolare. Grazie a lui, la Juve è arrivata ai calci di rigore contro il Napoli, anche se poi non è stata fortunata dagli undici metri. Il Napoli ha vinto, ma le due parate nel finale della partita hanno trasformato Buffon, con i suoi 42 anni, nel più grande protagonista della partita.

Anche l’Ascenso argentino ha una storia simile ma con un finale un po’ più felice. È la storia dell’ultima partita del Tano Anconetani, un portiere che ha fatto la storia. Se vivi in Argentina e il tuo cognome sembra avere origini italiani, è molto probable che il tuo soprannome sarà “El Tano”. Ma se il tuo nome è chiaramente italiano allora non hai via di scampo: sarai “El Tano” per tutta la vita. E infatti Albano Anconetani è stato sempre “El Tano”.

La sua carriera è cominciata col Chacarita dato che lui è nato in San Martin, dove c’è lo stadio del Chacarita. Ha giocato sempre nell’ascenso, al San Miguel, al Tristán Suárez, allo Sportivo Italiano e al Deportivo Laferrere, ma sarà sempre ricordato per il periodo che giocò nel Defensores de Belgrano, dove divenne idolo del club nel giorno magico del suo addio.

L’ultima partita del Tano è stata la finale del torneo Reducido della B Metropolitana. Uno spareggio. Defensores de Belgrano e UAI Urquiza si giocavano la promozione alla B Nacional. Nell’andata avevano pareggiato 0-0, ma nel ritorno, nello stadio dil Dragón, l’ UAI Urquiza vinceva in trasferta 1-0. Mancavano solo due minuti quando la squadra locale guadagnava un corner.

Tutta la squadra del Defensores va in attacco, tutti a tentare il colpo di testa. Anche lui, anche il Tano Anconetani. Sì, il portiere. Anconetani, è alla sua ultima partita della sua carriera, anzi mancano solo 2 minuti alla fine della sua carriera, quando nel calcio d’angolo spizza la palla di testa servendo lo smarcato Pablo Miranda, che nel secondo palo non può far altro che appoggiare il rete. È l’1-1 che fa andare le due squadre ai rigori. In un modo diverso, ma come Buffon, il Tano porta alla sua squadra ai penales conquistando di fatto una vita in più. La carriera di Albano non è ancora finita

Nel calci di rigore, Anconetani incredibilmente para il terzo tiro (battuto da Isaac Suárez) e il quarto rigore (tirato da Ignacio Cozzoni). Alla fine il Defensores vincerà 4-2 guadagnandosi la promozione nella seconda divisione del calcio argentino, con il Tano che ne sarà l’eroe assoluto.

Aveva dichiarato che la finale sarebbe stata la sua ultima partita, ma per come aveva giocato quella sera tutti erano convinti che avrebbe cambiato idea, In fondo salire di categoria nella B Nacional era più di una buona ragione per giocare un altro anno. E invece no, la sua carriera finì lì, tra la gloria e i festeggiamenti. Poteva forse ritirarsi meglio di così? No, impossibile.

di Mariano Perusso


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Il calcio di rigore più lungo del mondo

In Argentina c’è una famosa storia dello scrittore Osvaldo Soriano. Si chiama “El penal más largo del mundo”, il calcio di rigore più lungo del mondo. È una storia di un piccolo paesino dove si gioca la finale dal campionato e dove l’arbitro fischia un calcio di rigore. Allora tutto il pubblico si arrabbia e scatena un putiferio obbligando la sospensione della partita. Tipico dell’Argentina. Ma il regolamento è chiarissimo: nessuna partita può finire se in sospeso c’è un calcio di rigore da battere. La partita riprende la settimana dopo giocando i pochi minuti mancanti.

Tutto questo è un racconto, finzione, ma, incredibilmente è accaduto nella realtà ben due volte. E tutte e due nell’ascenso argentino e nella stessa divisione: la B Metropolitana, la terza serie del calcio argentino. Se la prima volta nel 2003 fu una situazione surreale, la seconda quattro anni più tardi, stabilì un nuovo record per quanto fu paradossale. I calci di rigore più lunghi del mondo.

Il 5 Aprile 2003 si giocava Cambaceres contro Atlanta. Era una partita importante per il ‘Bohemio’, perché stava lottando per la salvezza nella divisione. Dovevano necessariamente vincere ma la partita non si schiodava dallo 0-0. Mancavano meno di cinque minuti alla fine, quando l’arbitro decise di assegnare un calcio di rigore all’Atlanta. La vittoria azul amarilla era a un passo, ma i tifosi del Rojo (Cambaceres) non avevano preso troppo bene la decisione. Di punto in bianco iniziarono a creare incidenti e l’arbitro non potè far altro che sospendere la partita.

Tutti pensarono che dell’AFA arrivasse la vittoria a tavolino al ‘Bohemio’ (Atlanta), ma invece no: la partita doveva proseguire e ricominciare da quel calcio di rigore rimasto sospeso, con la partita riprogrammata ben 24 giorni dopo. Il giovane Lucas Ferreiro ebbe più di tre settimane per pensare dove piazzare il il tiro, e quando tutto fu pronto, il ragazzino mise la palla sul dischetto e dopo un sospiro e un segno di croce, segnò il gol che diede la vittoria all’Atlanta

Questa storia, talmente irreale, si impresse nella mente degli argentini tanto era una situazione mai vista prima. Ma quattro anni dopo, accadde un evento ancor più inverosimile. Era la finale della stagione 2006/07 e chi vinceva saliva in B Nacional. Il campione del torneo apertura contro il campione del torneo clausura. Estudiantes contro Almirante Brown. La AFA, prevedendo incidenti tra le due tifoserie, decise di giocare le due finali in un unico stadio neutrale. L’andata e il ritorno al Cilindro, nella cancha del Racing Club.

L’andata fu davvero noiosa, un 0-0 da sbadigli; ma nel ritorno successe qualcosa di insolito, di quasi paradossale. Si erano giocati appena 13 minuti dal fischio d’inizio quando l’arbitro improvvisamente indicava il dischetto. Calcio di rigore per Almirante Brown ed espulsione del giocatore dell’Estudiantes per eccesso verbale nei confronti dell’arbitro (sicuramente un insulto). Tutto sembrava andar benissimo per ‘La Fragata’, ma ecco accadeva l’imponderabile.

I tifosi dell’Almirante Brown sono conosciuti per non essere precisamente troppo civilizzati. E senza che qualcuno ne capisse il motivo, iniziarono ad agitarsi nonostante il rigore a favore e l’uomo in più (!). Nell’assurdo parapiglia che si venne a creare, qualcuno lanciò dal secondo anello addirittura un intero banco per hot dog rubato al bar dello stadio, che per poco non ferì la tifoseria dagli stessi colori (!!) della gradinata di sotto. Ovviamente la partita fu sospesa ma siccome doveva esserci un vincitore, venne recuperata 25 giorni dopo. Naturalmente neanche il grande Soriano poteva prevedere che il rigore, tanto agognato e motivo della sospensione, terminò dritto dritto sul palo..

Nonostante ciò, l’Almirante Brown vinse 1-0 e venne promosso. Ma per gli incidenti della seconda partita il club venne penalizzato di 18 punti nella stagione successiva. E puntualmente l’anno dopo ‘La Fragata’ retrocesse in B Metropolitana..

Nel calcio argentino, esistono tre calci di rigore più lunghi sul mondo. Ma il meno strano è forse l’unico che non è mai stato calciato veramente.

di Mariano Perusso


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Sacachispas FC, i Supereroi dell’ascenso

Il Sacachispas FC è una piccola squadra del ascenso argentino. Tutto il mondo che ruota attorno a questo club sembra uscito da un cartone animato. E invece è la realtà. Il suo nome, infatti, deriva da una serie di storie che lo scrittore Ricardo Lorenzo, più conosciuto come “Borocotó”, pubblicava nel famoso magazine “El Gráfico” ripresi successivamente da un film: “Pelota de Trapo” (palla di Stoffa). In quelle storie si narrava di una squadra chiamata Sacachispas; è da lì che i fondatori del club hanno attinto il nome tra i quali, giustamente, c’era l’autore di quei racconti.

“Sacachispas” significa, letteralmente, “prendi scintille”. Ma lontano da quella pretenziosa caratteristica è stata, in quasi tutta la sua storia, una squadra piccolissima. Veniva così naturale dire: “hai meno tifosi del Sacachispas” o “se continuamo giocando così, finiremo giocando contro Sacachispas”, alcuni esempi dei tanti modi di parlare di calcio, normali e dispregiativi usati in Argentina. Il club insomma era motivo di burle e di scherno di ogni tipo.

Ma alcuni anni fa le cose sono cambiate, non perché la squadra ha cominciato a vincere, questo no, ma perché hanno fatto ‘amicizia’ con l’umorismo. Hanno capito che la loro vocazione di essere simpatici e fare battute, in fondo non era una brutta cosa. Almeno, non necessariamente. Il Lila, com’è conosciuto per il colore della sua maglietta è diventato protagonista nel ascenso grazie alla comicità. Claro che questo poi è stato accompagnato da buoni risultati conquistati sul campo di gioco.

Tutto è cominciato nella stagione 2016/2017. Il Sacachispas stava facendo un torneo quasi perfetto nella Primera C, la quarta divisione del calcio argentino. Ma nessuno prendeva sul serio la squadra ..perchè era il Sacachispas. Conseguentemente neanche i giocatori si prendevano troppo sul serio. Quando entravano nella cancha ad ogni partita lo facevano in un modo particolare e in una maniera sempre più comica e inusuale.

Prima di iniziare la partita, sistemandosi per la foto, facevano una formazione insolita, molto diversa dalla classica struttura di cinque giocatori seduti e sei in piedi. E col tempo hanno osato anche di più. Entravano in campo travestiti con costumi strani, una volta da soldati romani con casco, spada e scudo, un’altra volta con maschere di Supereroi, a dicembre come Babbo Natale, e in prossimità della Pasqua travestiti addirittura da coniglietti.

Approfittando della loro originalità e simpatia, hanno guadagnato così l’affetto della gente che giustamente li ha festeggiati quando, alla fine di quel campionato, hanno ottenuto il trofeo e la promozione per prima volte nella loro storia alla B Metropolitana. E in quella divisione ci sono rimasti fino ad oggi. Non sono ancora riusciti a fare un salto in un grande campionato e quest’anno sono stati baciati dalla dea Fortuna, beneficiando della decisione dell’ AFA di terminare anticipatamente la stagione. Sospendendo le retrocessioni, si sono salvati dato che la squadra galleggiava nei bassifondi della classifica.

Ma è da tempo che il Sacachispas FC è un po’ la squadra di tutti, della gente.

Fuori dal campo, ma non troppo lontano del calcio è grazie al loro profilo Twitter @SacachispasOK che sono riusciti ad avere visibilità, rendendosi così ancor più famosi. Da lì sono arrivati i migliori sponsor che potessero mai desiderare, cavalcando l’onda dell’umorismo che nei social prevale sempre. Un esempio del loro humor? Su tutti c’è lo sfottò contro i rivali di sempre, il Riestra. Su twitter è apparso un comunicato di scuse del Deportivo Riestra per essersi allenati, nonostante la quarantena imponesse l’isolamento (e scatenando grandi polemiche). Il Sacachispas ha ritwittato questa nota associando una foto dove il testo diceva: “Chingüengüencha”, una deformazione popolare della espressione “sinvergüenza”, senza vergogna.

Lo sfottò del Sacachispas diventato virale

Giustamente, “senza vergogna” è una caratteristica che si adatta meglio al Sacachispas FC. Ed è, forse, la loro più grande virtù.


di Mariano Perusso


calcioargentino.it