La controversa storia del 2020 argentino

2020. Non era facile arrivare alla fine. Sul suolo argentino AFA, pandemia e disgrazie varie hanno contraddistinto quest’anno horribilis. Ecco gli avvenimenti che hanno caratterizzato questi interminabili 366 giorni.

Gennaio

La Superliga argentina sta diventando sempre più calda. River e Boca si contendono la Primera in un confronto molto appassionante, come non si vedeva da tempo. Ma è ancora presto per capire chi diventerà campeón. Il Boca l’1 gennaio annuncia il nuovo allenatore dopo le dimissioni del Lechuga Alfaro, eliminato un’altra volta dal River della Copa Libertadores qualche mese prima. Il consejo de Boca decide di non rinnovare il legame con il mister, accusandolo di troppo difensivismo per una squadra dal blasone dei Xeneizes. A proposito, l’8 dicembre 2019 Riquelme sbaraglia tutta la concorrenza e viene eletto come vicepresidente, spalleggiando l’amico Ameal alla presidenza. La sconfitta dell’arci rivale Daniel Angelici, impersonificato nell’occasione da Gribaudo, suo delfino, è umiliante. L’Ultimo Diez ottiene la sua vendetta in una campagna elettorale dai toni esasperati. Alla guida tecnica, al posto di Alfaro arriva l’ex Miguel Russo, riattivando nelle vene della tifoseria sogni continentali: qualche anno fa Miguelito è entrato nella storia del club conquistando l’ultima Libertadores, quella del 2007. Pochi giorni dopo l’insediamento della dirigenza, accade il primo fatto insolito dell’anno: il 6 gennaio Daniele de Rossi dice addio al Boca e appende le scarpe al muro.

Si cambia in panchina anche nel Racing Club, dopo l’addio -sofferto dai tifosi- dell’amato Eduardo ‘Chacho’ Coudet, in partenza verso l’Inter de Porto Alegre. Al suo posto arriva l’ex Independiente Sebastian Beccacece ricevuto con freddezza dalla tifoseria ‘academica’. El Chacho è riuscito a riportare il titolo al Cilindro dopo 5 anni dall’ultima Primera, quella vinta in campo dal principe Diego Milito. Lacrime.

Dall’altro lato di Avellaneda, quella targata Rey de Copas si insedia come nuovo coach l’ex giocatore dell’Intituccion Lucas Pusineri in sostituzione del traghettatore Beron e dopo le dimissioni di Beccacece. Il compito per il neo allenatore del rojo è gravoso: riportare credibilità ai tifosi. Ed è una vera e propia impresa per i mille problemi di spogliatoio e la situazione economica complicata della società .

Emotiva carta de Alfaro en su despedida de Boca

Febbraio

Mese spettacolare per la Superliga Argentina: febbraio inizia col +3 per il River a +1 del 1° marzo. il Boca sta trovando continuità secondo il nuovo ordine tattico di Russo ed il Millonario comincia a perdere colpi.

Il presidente dell’AFA Tapia viene rieletto come presidente della federcalcio per altri quattro anni. La Superliga cessa di esistere, al suo posto nasce la nuova Liga Profesional de Futbol, sotto il controllo della federazione stessa.

Nel frattempo Beccecece inizia la sua avventura all’Acadé con un’imbattibilità che da qui in avanti farà volare il Racing Club. Arriviamo al Clasico de Avellaneda, vero esame per i due neo allenatori e accade l’imponderabile: il 9 febbraio 2020 il Racing vince el clasico in doppia inferiorità numerica, ovvero in 9 contro 11 tra l’orgasmo dei 40.000 presenti al Cilindro. E’ il delirio. La partita entra nella storia dei clasicos e l’Independiente, già fragile di mentalità, non si riprenderà più. Troppo grande la botta psicologica. Beccecece viene ufficialmente ‘accettato’ dai tifosi.

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Marzo

E’ il mese decisivo. Il River, in vantaggio di 1 punto, pareggia a Tucuman mentre il Boca vince alla Bombonera. A la Republica de la Boca esplode l’entusiasmo: Il Boca Juniors è il nuovo Campeon de Argentina! Arriva così la stella numero 69 del club con Tevez grande trascinatore nella seconda parte di campionato. Gallardo accusa il colpo ma come sempre si dimostra gran signore. “Faccio i complimenti al Boca” dice molto lucidamente al termine di quella partita drammatica. El Muñeco deve dire così addio all’unica coppa mancante nella sua enorme bacheca dei trofei: la Primera.

La Superliga fa appena in tempo a terminare perchè una settimana dopo inizia un incubo mondiale chiamato CoronaVirus. Il 13 marzo nella prima giornata di ‘Copa de la Superliga’, la copa di Lega, il River si rifiuta di giocare per il rischio contagi. Il Millonario è la prima squadra a non scendere in campo, disobbedendo così alla Liga. In Argentina si è solo all’inizio dell’incubo ma alla Banda scatta l’allarme quando un ragazzo delle giovanili risulta positivo a uno dei primi tamponi. Una settimana dopo la Conmebol, l’AFA e la Superliga sospendono le rispettive competizioni. Si pensa che possa durare poco questo stop, purtroppo non sarà così.

Boca campeón: cinco momentos de una noche para la historia - AS Argentina

Aprile

Il 27 aprile la Federazione argentina decreta il termine anticipato di tutti i campionati nazionali, gettando nel caos l’Ascenso, la serie B e le divisioni inferiori, nel pieno delle loro competizioni. Sì registrano inoltre ‘strani’ cambiamenti di regole in corsa, modificando così lo statuto della Primera: l’aumento di squadre partecipanti nel 2020/21 (e per i prossimi anni) e il congelamento delle retrocessioni (e per il prossimi anni) diverranno realtà, tra lo sconcerto di tutti gli addetti ai lavori. Ancora una volta si approfitta della situazione d’emergenza per stravolgere i campionati con cambi di regole in corso, una prassi argentina.

Marcelo Tinelli: "La idea es que el fútbol vuelve entre el 9 y el 16 de  octubre" - Mundo Poder

Maggio

L’8 maggio rimbalza dall’Argentina una bruttissima notizia: muore Tomas ‘Triche’ Carlovich per un trauma alla testa in seguito a un tentativo di rapina da parte di balordi. El Trinche, auténtico idolo argentino e rosarina, ci lascia così a 74 anni. Dietro a lui la leggenda, con la sua tecnica sopraffina, il suo anticonformismo e la sua bontà d’animo. Carlovich ha giocato prevalentemente nelle serie inferiori, tra Rosario Centra e Central Cordoba. Non esistono filmati della sua attività calcistica, ma la sua fama di gran giocoliere arrivava prima di lui. Celeberrima quella partita passata alla storia tra una selezione di giocatori di Rosario (tra cui lui) e la Seleccion Argentina. “Non voglio più vederlo in campo nel secondo tempo “ disse Cap, il mister della nazionale dopo un primo tempo sensazionale del Triche e allo stesso tempo umiliante per la squadra nazionale, in preparazione al Mundial di Germania ‘74. Quando giocava lui tutti lo volevano vedere, tant’è che il Central Cordoba era solito ‘dare la soffiata’ ai tifosi circa la sua presenza in partita per vendere più biglietti. ‘Esta noche juega el Trinche’. Una morte assurda per uno dei giocatori più talentuosi della storia futbol argentino, a detta di Maradona, anche più bravo di lui stesso.

Il 24 maggio si ricordano i 20 anni dal celebre superclasico tra Boca e River chiamato ‘Muletazo’, quando Martin Palermo segnò QUEL gol memorabile alla Bombonera. El loco era di ritorno in campo dopo un gravissimo infortunio, con la sorpresa assoluta da parte di tutti, compreso quel ‘pelado’ Diaz che lo irrise nella conferenza pre partita. Tutti, tranne per Carlos Bianchi, l’unico che credeva ancora in lui. Que viva el fútbol.

Giugno

A distanza di sei mesi riecco ‘el tano’ De Rossi che si racconta a ‘La Nacion’. Daniele si racconta ed esce tutta l’emozione in quei pochi mesi vissuti intensamente a Buenos Aires. Facendo ai tifosi anche una promessa ‘solenne’.

Burdisso: 'De Rossi non è venuto al Boca in vacanza' | Serie A |  Calciomercato.com

Luglio – Agosto

Mesi difficili per l’Argentina. Il Covid 19 è nel pieno della sua forza distruttiva. Liga e AFA cercano di reagire cercando di formulare protocolli adeguati per un possibile ripresa. Intando continua il mercato trasferimenti in ‘modalità risparmio’.

Si celebra l’anniversario di Italia 1990. 30 anni fa la Seleccion Argentina intraprendeva l’avventura italiana. Con un Maradona malconcio, tra mille difficoltà, l’Argentina arrivava alla finale di Roma contro la Germania, rivincita di quattro anni prima.

La notizia più importante di maggio è la decisione della Conmebol di far ripartire le competizioni della Copa Libertadores e la Sudamericana il 15 settembre. Ma le squadre argentine sono ancora ferme da ogni forma di allenamento.

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Agosto

La Liga Profesional, nata dalle ceneri della vecchia Superliga, partorisce un nuovo torneo argentino in un formato insolito ..e complicato. Nasce la Copa Liga Profesional

Nel frattempo la confederazione Sudamericana decide il rinvio della Copa America all’anno prossimo. Allo stato attuale non è possibile intraprendere alcun tipo di torneo calcistico, il Sudamerica diventa il nuovo focolaio mondiale del COVID 19.

Si eseguono lavori imponentinello stadio Vespucio Liberti. Il River si rifà il trucco ‘restaurando’ il Monumental. Via la pista di atletica e rifacimento totale del manto erboso, sono queste le novità più importanti dell’estate (europea) del Millo. L’ambizione è grande: avere uno prato all’avanguardia tra i migliori d’America.

A Barcellona scoppia il caso ‘Messi‘. L’asso argentino, senza preavviso, annuncia tramite ‘burofax‘ la sua volontà di andarsene del Barça a parametro zero, forte di una clausola a suo favore. Inizia così una battaglia furibonda tra il giocatore e la società , con quest’ultima presa alla sprovvista. La ricostruzione di quei momenti drammatici, qui, giorno per giorno.

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Settembre

La ripresa degli allenamenti per le squadre agentine finalmente è realtà. Si adottano protocolli specifici, fac-simile di quelli adottati in Europa. Riprendono le partite di Libertadores e anche se sono a porte chiuse si riaccende la speranza per una ripresa della normalità, in questo periodo pesantemente compromessa. Qui la prima conferenza di Gallardo alla vigilia della sfida contro il San Paolo. Nonostante i brasiliani abbiano lo scenario più drammatico dell’intera America Latina per morti da coronavirus, l’attività calcistica in Brasile è già ‘attiva’ da luglio. Dono di un Bolsonaro quanto mai fallimentare nella gestione dell’emergenza nazionale.

Marcelo Gallardo, en conferencia de prensa

Ottobre

Torna anche la Seleccion Argentina che gioca la sua prima partita dopo sette mesi lunghissimi dall’ultimo impegno.

In Libertadores intanto le argentine, nonostante il gap atletico, vanno a gonfie vele. Boca, River e Racing passano il turno ma il sorteggio risulta molto complicato. In Sudamericana va anche meglio: sono quattro le rappresentanti argentine più il Defensa y Justicia ‘scivolato’ dalla Libertadores.

Ma la notizia più importante è la ripresa del futbol in Argentina dopo mesi davvero difficili. Al via dunque la Copa Liga Profesional, una copa nazionale istituita dalla Liga, che ha lo scopo di ‘testare’ le condizioni ambientali futbolistiche nel territorio, ancora molto provato dal COVID-19.

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Novembre

E’ il mese più triste di tutta la nazione argentina, i giorni che non avremmo mai voluto vivere. Diego Armando Maradona, el Diez più amato al Mondo, muore all’improvviso a seguito di un’arresto cardiorespiratorio. Tutto il pianeta si ferma e rimane in apnea, sotto shock. Non era minimamente prevedibile questo drammatico epilogo, anche se la settimana prima Diego si era sottoposto a un delicato intervento chirurgico. L’ incredulità aleggia su tutta la Nazione, lacrime cadono ripensando a quel piccolo Diez che si caricò sulle sue possenti spalle i suoi compagni, vincendo la Copa più importante del futbol mondiale. Il giorno dopo la tragedia tutta l’Argentina omaggia la memoria di Diego andando a porgergli l’ultimo saluto alla camera ardente allestita alla Casa Rosada, residenza del presidente della repubblica. Sono quasi 2 milioni di persone e si vedono scene mai viste prima. Tifosi di tutte le squadre, di ogni credo calcistico, uniti per un giorno nel nome del Diego. Si proclamano tre giorni di lutto nazionale, Diego Amando Maradona ci saluta così per l’ultima volta e va riabbracciare i suoi genitori, quelli che, come aveva detto l’anno prima, literalmente, ‘avrebbe dato qualsiasi cosa per rivederli’. E’ stato -purtroppo per noi- di parola. Adiós genio del fútbol mundial y gracias por tanta alegría.

Dicembre

Termina la prima fase della Copa Diego Maradona, la Copa liga Profesional denominata così in omaggio di Diego. La seconda fase inizia con i sorteggi, Boca e River capitano nello stesso gruppo! Ci sarà un Superclasico a gennaio.

Nel frattempo in Libertadores il Boca fa l’impresa rimontando il Racing Club e qualificandosi alle semifinali continentali.

Mese nerissimo per l’Academia: Diego Milito se ne va da dirigente del Racing sbattendo la porta. Litigi interni, incomprensioni e vedute del club differenti sono i motivi del clamoroso divorzio, nonostante l’enorme step di professionalità e innovazione portato dallo stesso principe ad Avellaneda. Con lui, a distanza di poche settimane, lascia il timone della squadra anche Sebastian Beccacece. E’ una vera a propria ‘mazzata’ per la metà Avellaneda albiceleste.


Che il 2021 sia l’anno di riscatto e di ripresa sociale che tutti noi desideriamo. Un augurio e un forte ‘abrazo’ da tutti noi. Aguante fútbol argentino!

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Son tornati gli equipos argentini! (e fanno paura)

È un bilancio positivo quello ottenuto dalle squadre argentine impegnate nella notte scorsa in Libertadores. Ci si aspettavano tonfi clamorosi, figuracce históriche e papelón, ed invece il blocco argentino ha tenuto, sopra ogni aspettativa.

Erano davvero tanti sei mesi di inattività senza la più piccola ombra di un’amichevole. Eppure stanotte è successo di inspiegabile. Le cinque ‘sorelle’, giocando davvero un buon fútbol, sono state competitive al di sopra di ogni previsione.


La scena si svolge nello studio della TNT Sports, una televisione sportiva argentina. Il conduttore fa una domanda ai suoi ospiti: “Secondo voi quanti punti faranno le argentine oggi? Silenzio. Tutti hanno un brutto presagio. “Tu Jorge? Per me ne fanno 3, per me 4, per me 0, per me 7. Boato di stupore.Sette? Davvero? Ma come fai a pensare una cosa del genere?”

Saranno davvero sette punti e obiettivamente potevano essere molti di più. Entriamo nel dettaglio.

RACING Nel Racing torna Pillud a sorpresa, come pure giocano dall’inizio Cvitanich al posto del Licha e il pibe Garré al posto di Reniero. Pronti, via e nel Cilindro deserto si sentono i tifosi, le trombe e i cori attraverso le casse audio dello stadio. La partita è equilibrata, e fin qui è già un sollievo, con i padroni di casa che addirittura vanno vicini due volte alla marcatura. Garré si fa notare grazie alla sua tecnica, punta e dribbla, si diverte e fa divertire. Sono solo 15 i minuti della ripresa che il Racing concede agli uruguayi, ma sono utili per segnare il rigore (dell’ex, Bergessio), che deciderà la partita. Nonostante lo svantaggio e l’uomo in meno (Solari perde la bussola), l’Acadé si riprende, facendosi pericolosa fino al fischio finale. Il rammarico non sarà la sconfitta di per sè, ma l’aver perso giocando addirittura meglio degli avversari.

RIVER. Forse la partita più difficile delle cinque. In Brasile e al Morumbi, bestia nera. Il Muñeco fa partire titolare el pibe Alvarez, facendolo giocare da punta esterna nell’inedito 4-3-3. La partenza è dei brasiliani che vanno avanti con un gollonzo in ‘modalità casuality’. Tiro sballato di Reneiro che centra Enzo Perez e carambola sul palo interno, facendo gonfiare la rete. Eccolo il presagio. Ma il River gioca ad occhi chiusi, la manovra è ancora gradevole e dopo neanche 10 minuti Borré la mette, per la 40ª volta, dentro. Ora è la Banda padrona del campo e tutto questo sembra davvero irreale. È come se si aspettasse da un momento all’altro infortuni muscolari collettivi sincronizzati o qualcosa del genere. Come può tenere il ritmo dei brasiliani del San Paolo che ha giocato in più 14 partite? Mistero. L’assurdità passa al Morumbi all’80’ quando Alvarez la spara alle spalle del portiere Volpi portando in vantaggio il River. Ma forse sarebbe davvero troppo, e così Angileri si offre volontario per l’equo pareggio solidale; sai mai che si montino la testa. Alla fine sarà solo un punto, ma avrà il gusto di una missione compiuta, cercando di guardare, finalmente, avanti.

DEFENSA Y JUSTICIA. Il Dt Crespo affronta gli ecuadoregni del Delfin, con una rosa ‘seminuova’ dati i nuovi giovani innesti. Eppure, dopo un primo tempo di prove generali passano nel secondo, mettendo in mostra un gioco magistrale, assomigliante a quello di Beccacece. Braian Romero, in arrivo dall’Independiente, è una benedizione per l’attacco: un gol e un assist per incorniciare la giornata perfetta. 3-0 e la classifica prende una forma decisivamente interessante, data la frenata delle 2 davanti. Sognare non costa nulla, ed Hernán ci è abituato.

BOCA JUNIORS. Sul campo la squadra dell’assistente Somoza (Russo è rimasto a Baires) si prende la rivincita dopo giorni mediatici infernali. C’è Maroni titolare al posto di Cardona ma soprattutto c’è el Toto Salvio, migliore in campo, che si prende la scena grazie a giocate di livello superiore e ai due gol che danno i tre punti. Non c’è storia, il Libertad cerca di ripartire in contropiede ma Zambrano fa forse la sua partita più bella. Anche Campuzano ha i suoi meriti, auténtico direttore del centrocampo. 2-0 e a casa. Esiste un modo migliore per tornare a giocare?

TIGRE. Forse l’impegno più duro, data la qualità tecnica limitata del Matador. C’è l’illusione del vantaggio dopo neanche 10 minuti di Magnin, ma poi, alla lunga, escono i padroni di casa che dilagano nel finale. Non è la Libertadores l’obiettivo del Tigre, ma bensì quella della promozione alla Primera. E siamo sicuri, questa avventura non farà altro che impreziosire d’esperienza l’equipo del Pipo Gorosito.


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La Magia del Boca Juniors: i 23 ‘positivi’ al Covid si trasformano in ‘negativi’

Dopo le polemiche inappropriate di ieri circa la notizia che il Boca avrebbe giocato con giocatori positivi (contagiosi) al covid, oggi arriva la smentita scientifica.

I Media che avevano fiutato lo scandalo probabilmente oggi ci rimarranno male. Si è risolto al meglio l’ingarbugliato caso diplomatico tra Boca e Libertad, con quest’ultima che si rifiutava di aprire i cancelli dello stadio alla delegación rioplatense. Era la parola ‘positività’ che creava disagio, quel prurito diffuso che riusciva in qualche modo a chiudere le orecchie ad altre parole, forse quelle più importanti: quarantena conclusa. I dirigenti di Asunción avevano mandato in campo gli avvocati, impugnando la sentenza della Conmebol, la quale consentiva ai giocatori ospiti di giocare regolarmente la partita di Copa Libertadores.

Ma come si era arrivati a una situazione del genere? Proviamo a far ordine. Il 24 agosto il Boca si ritira all’interno della cosiddetta ‘burbuja’ (bolla) sanitaria, creata appositamente come rifugio anti COVID. Ma qualcosa non funziona. Il virus riesce a passare lo stesso tra le porte del ritiro e fa quello che deve fare. È ‘strage’: 19 sono i calciatori contagiati. La bolla esplode e fa un rumore fragoroso. Non era mai successo che una ‘burbuja anti Covid’ diventasse, al contrario, un focolaio. Dopo lo sconcerto, per i contagiati la cura è semplice: isolamento dal resto del mondo per tutti e tamponi periodici. Con tanti saluti all’ottimismo.

Il tempo passa e dopo dieci giorni di quarantena i giocatori iniziano ad eseguire gli esami cardiologici per il via libera medico. Ottenuto, sono iscritti nella lista Conmebol per la Libertadores.

E si arriva a ieri. Dal giorno del contagio passano circa 14 giorni, cioè la durata della canonica quarantena e la squadra è pronta per viaggiare. Le leggi paraguaiane parlano chiaro. Possono oltrepassare la frontiera chi risulta negativo al tampone anti Covid, o chi ha svolto regolarmente la quarantena dopo il contagio, senza averne però, sintomi negli ultimi tre giorni. È questo il caso del Boca, ma è qui che il club di Asunción inizia a dar battaglia.

Tramite comunicati la dirigenza del Libertad si rifiuta di giocare andando per via legali, non prima di gettare nella gogna il Boca di fronte ai Media mondiali. Interviene addirittura il ministro della Salute del Paraguay che definisce ‘non contagianti’ e del tutto sani i calciatori argentini dato il periodo di isolamento eseguito. Perfino la Conmebol (questa volta a difesa del Xeneize..) ‘bacchetta’ il Libertad ricordando il contenuto del regolamento della confederazione e le leggi sanitarie del governo locali.

La delegazione del Boca Juniors a questo punto ha la furbizia di mettere a tacere le voci incontrollate. Ci si poteva benissimo presentare allo scalo di Asunción e nessuno avrebbe fiatato, ma, per non destare ulteriore clamore alla vicenda, ieri la squadra ieri si sottoponeva ad un ulteriore tampone ‘definitivo’.

Risultato? I 23 giocatori ‘positivi’ diventano magicamente negativi con tanti saluti ai paraguayi. È il trionfo del buon senso e della scienza, con buona pace di chi voleva fare solo sensazionalismo e polemica sterile. Il Boca Juniors giocherà da ‘negativi’ la partita di copa, ma non lo leggerete da nessuna parte.


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Gallardo: siamo sfavoriti, ma abbiamo mentalità e carattere

Sei mesi dopo lo stop del futbol, el Muñeco torna a parlare. E lo fa con la stessa garra e determinazione di sempre, in vista della delicata partita contro i brasiliani del San Paolo, molto più avanti nella preparazione. E poi il mercato River, Quintero e la lista Libertadores. È il solito Marcelo Gallardo show.

Causa restrizioni Covid la conferenza si svolge on line tramite zoom, dove giornalisti a turno gli rivolgono domande.


Come mai sei stato in silenzio così tanto tempo?

“Non c’era niente di cui parlare. Senza calcio da più di sei mesi, dopo l’inizio della pandemia e della quarantena, c’è stato molto silenzio, ma non solo da parte nostra, da parte di tutto il calcio argentino, mi è sembrato che il solo parlare non bastasse più. Però quando volevo dire qualcosa l’ho fatto. È preferibile parlare quando ne hai voglia”.

Perché hai presentato una lista con così pochi giocatori? ( Il River ha presentato alla Conmebol una lista di 29 giocatori su 50 iscrivibili ndr)

“Lavoro con un gruppo di non più di 30 giocatori, è semplice. Primo. Questo è il gruppo che compone l’elenco Conmebol. Oltre ai 40, avevamo anche la possibilità di aggiungere altri 10 posti, ma mi sembrava una sciocchezza, non ho altri 10 giocatori con me. Secondo. Quelli della Reserva hanno iniziato ad allenarsi una settimana fa e terzo, perché non volevo generare false illusioni a quei ragazzi che avranno sicuramente davanti a loro un futuro molto importante, ma che oggi non sono pronti per una competizione internazionale e prestigiosa come la Copa Libertadores. Forse altre istituciones hanno questa possibilità e io le rispetto, chiaramente. Ma adesso che hanno allargato la quota a 50 dove dovrei cercare giocatori per integrarli, nella l’8a o la 9a divisione? Tutto questo è anormale. Mi prendo la responsabilità della decisione che ho preso. Siamo 30 giocatori, in questo caso 29 perché Quintero non c’è più, inizieremo con questo gruppo di giocatori e vedremo a che punto siamo. È abbastanza semplice”.

Cosa ne pensi della diverse condizioni di forma tra River e San Paolo?

“Non è colpa del San Paolo se ha 12 o 13 partite in più di noi, ecco perché è difficile. Dobbiamo cercare di farcela. È quello che avremmo dovuto fare anche noi. Per questo avevamo intenzione di iniziare ad allenarci prima, non tanto per la competizione, ma perché i giocatori non possono stare fermi per così tanto tempo. Quando ho chiesto di tornare agli allenamenti è stato per non essere disoccupato per così tanto tempo. Per competere dovremo giocare nelle condizioni in cui ci troviamo. Può essere un vantaggio o no.
Cercheremo di iniziare la competizione nel miglior modo possibile, senza prestare molta attenzione a quanto successo e al rivale. Se entriamo in campo pensando all’inattività, non giocheremo nemmeno un minuto. Presenteremo una squadra che combatterà e lotterà, che non darà l’iniziativa a San Pablo, provando a fare le cose che sappiamo, ma non ci faremo altre domande. Le domande mi sono già state poste molto tempo fa ( il presidente argentino Fernandez lo chiamò per dei consigli sulla ripresa del futbol ndr). Ora è il momento di giocare. È una situazione strana e complessa, dover affrontare e schivare il virus. Non è la gara decisiva, è importante sottolinearlo. Ma qui siamo a provare a combattere”.

Cos’è successo con Quintero?

“Con Juanfer ho parlato e a faccia a faccia mi ha chiesto di lasciarlo andare. Ho rispettato la sua decisione e gli ho detto cosa ne pensavo. Voleva andarsene e da lì abbiamo cercando la maniera più giusta di separarci. Juanfer ha chiesto un permesso sportivo e gli è stato concesso. Non ho più niente da dire. Ho molto affetto per lui e gli auguro davvero il meglio. Che continui a trasmettere il suo talento in un campionato inferiore, dove ha deciso di andare. Ecco. Il ricordo di ciò che ci ha dato sarà eterno, ma poi guardiamo avanti”.

Ci sono voci di altre offerte, altri giocatori se ne andranno?

“Non posso dire se altri giocatori se ne andranno, dipenderà dai movimenti e dalle proposte che arriveranno. È un mercato molto tranquillo, chiaramente inaspettato, non solo per noi, ma per le squadre di tutto il mondo. Venire a cercare giocatori che non giocano da sei mesi è una scommessa importante. La nostra economia soffre troppo e anche le società. Qualcuno potrebbe approfittarne di questa situazione, ma non è arrivata nessuna altra offerta oltre a quella di Quintero e Carrascal. Non c’è nessun’ altra offerta ufficiale”.

Neanche per Martinez Quarta?

Martínez Quarta non mi ha detto che voleva andarsene. Non è mai accaduto. Non c’è stata nessuna offerta da parte di nessun club, non posso lasciarmi trasportare dai desideri dei rappresentanti dei giocatori, li rispetto, ma so che hanno altri interessi. Non si può entrare in una confusione generale e promettere offerte che non arrivano mai. Può succedere che in un mercato ancora aperto qualcuno possa fare un’offerta. La vedremo assieme all’interesse del giocatore.
Se viene un giocatore e mi dice che vuole partire e l’offerta è conveniente per la società, benvenuto. Ma non per me. Per me sarebbe un dolore tremendo. Perché stiamo per ricominciare una competizione in un tempo molto particolare e complesso. In Argentina non si gioca ancora, non si sa quando si riprenderà, potete immaginare cosa posso dire di fronte a uno che se ne vuole andare. A livello economico non si può competere con nessun mercato che abbia una valuta diversa dalla nostra. Si vorrebbe cambiare aria, si ambisce a un diverso livello di vita, oltre alla possibilità di crescere in modo sportivo. Dipende dal club in cui vai.
Non posso dire niente a un giocatore che vuole andarsene. Personalmente non vorrei che se ne andasse, vorrei che rimanesse per riuscire a competere nel modo migliore le competizioni che giocheremo, ma se fosse così, dovrò accettarlo e accompagnarlo in quella decisione. È la realtà. Di fronte a queste decisioni non si può far altro che accompagnare”.

Il futbol e il Covid. Hai paura di andare in Brasile?

“No, non ho paura. Ci mettono alla prova ogni settimana. Dobbiamo affrontare situazioni molto complesse, fatte di attenzioni, vedremo se riusciremo a farcela. In altri luoghi è stato possibile e spero che ce la faremo anche qui.
Non mi sono opposto al ritorno al futbol perché so di cosa si tratta, ma se i giocatori professionisti di prima squadra sono impossibilitati, allora no. Non voglio esporre giovani a simili rischi, non sono preparati. Mi assumo la responsabilità e penso che tutto abbia un limite, no?
Non andremo in tournée a San Paolo. Cercheremo di riposarci, giocare e tornare. Non circoleremo per strada, tutt’altro. Lo stesso sarà il San Paolo quando verrà a Buenos Aires. Non ho paura”.

Come sono stati gli allenamenti dopo sei mesi di inattività? Mercato River?

“In queste cinque settimane abbiamo dovuto valutare come tornare attivi senza sovraccaricare troppo i giocatori. Lavori una tantum, cercando di subire il minor numero di infortuni possibile. È tutto molto atipico. Non abbiamo potuto pianificare qualcosa di molto preciso. Abbiamo provato a misurare le conseguenze sullo sforzo fisico.
Andare sul mercato, al momento, non è per niente facile. Qui siamo tutti più o meno nelle stesse condizioni. Non ci sono soldi”.

Cosa ne pensi del giocare senza pubblico?

“Il calcio senza persone è orribile. Anche lo spettatore fa parte di questo bellissimo sport, vedendo le tribune festanti e affollate, non c’è niente di meglio. Il contesto ora è molto diverso. Ho visto tante partite senza pubblico. Si guarda la partita certo, ma non c’è lo stesso fascino e non ti dà la stessa sensazione. Ad esempio le partite di Champions League che abbiamo visto ..”

Non pensi che le squadre argentine partano in svantaggio? Come trovi la motivazione da trasmettere alla squadra?

“Il calcio non è una scienza esatta di ciò che può accadere. Normalmente nessuna squadra argentina in queste condizioni potrebbe diventare campione, ma il calciatore argentino ha un carattere e una mentalità che abitualmente tira fuori nelle avversità. La mia motivazione rimane sempre la stessa. Lo stesso desiderio che ho sempre per il lavoro e per quello che faccio. È la sfida di continuare a evolvermi per continuare ad imparare sempre e di più. Cerco di non arrabbiarmi più del necessario. Non sono diventato buddista, ma stavolta ho fatto una specie di ‘oooom’ per attraversare questo momento il più serenamente possibile”.

Prossima partita: Copa Libertadores, girone D. Giovedi notte h. 00:00 (ora italiana) San Paolo – River Plate. Diretta DAZN.


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Covid-19 vs Argentina

Nuovo rinvio del futbol argentino per i continui nuovi contagi da COVID19. Tutto mentre la Conmebol tira dritto per la sua strada: si giocheranno Libertadores, Sudamericana e Qualificazioni ai mondiali.

Settimana infernale per quanto riguarda il bollettino contagi da COVID19. Nella sola giornata di ieri abbiamo assistito a un crescente aumento di casi positivi nei clubs argentini, talmente numerosi in un solo giorno, da costituire un nuovo record. Questi i recenti giocatori positivi (solo di ieri..) al tampone : 2 nel Racing, (Pillud e Nuñez), 2 al San Lorenzo (Soso e Fernandez), 1 al River (Diaz), 2 al Tigre (Zenobio e Somoza), 1 all’Independiente (Franco), 4 all’Atlético Tucuman e ben 6 all’Argentinos Jrs. A conclusione del pomeriggio di fuoco si riunivano AFA, Liga Profesional Fútbol e ministero della salute che decidevano di posticipare definitivamente la ripresa del fútbol.

Il torneo argentino slitta così dal 25/9 alla prima metà di ottobre (10/10?). Colpa del maledetto virus e del suo livello di contagiosità ancora molto alto in Argentina, circolante anche nelle società di Primera nonostante mille protocolli. Gli oltre dieci mila casi giornalieri nell’ultima settimana e le rianimazioni quasi al collasso hanno indotto il Governo e i presidenti AFA e LPF Chiqui Tapia e Marcelo Tinelli, a prendere questa decisione. L’Argentina non è ancora pronta per il ritorno al futbol. Ma per la Conmebol invece sembra il contrario. Nessuna marcia indietro dopo la decisione di riprendere le coppe già settimana prossima. Appare quanto mai paradossale come i clubs argentini siano idonei a partecipare alla Libertadores/Sudamericana ma non a un campionato nazionale. Dettagli. La Federazione sudamericana ha fatto conoscere anche le date delle eliminatorie nazionali per le qualificazioni a Qatar 2022. La Selección Argentina giocherà l’8 ottobre alla Bombonera contro l’Ecuador del neo Dt Alfaro (coincidenza, Lechuga-Bombonera) e il 13 in Bolivia. C’è un solo ‘però’, com’è giusto che sia. Secondo indiscrezioni le squadre europee non autorizzerebbero i propri giocatori a tornare in America latina per paura di contagi. Si preannuncia battaglia tra i clubs del vecchio continente e le federazioni nazionali.

Boca Juniors| Manifesto dell’attuale situazione coronavirus in tutta la sua gravità. Dopo il focolaio nella ‘bolla sanitaria’ all’ hotel hotel Howard Jonhson della settimana scorsa, nuovi casi positivi sono stati rilevati all’interno del plantel. Su 32 giocatori disponibili (compresi i calciatori di fine prestito tornati alla base), 22 ne sono contagiati. La preoccupazione cresce di giorno in giorno pensando alla sfida di Copa Libertadores contro il Libertad in Paraguay il 17 settembre notte (02:00 ora italiana). Ma appare anche un certo cauto ottimismo per riuscire a recuperare qualche giocatore prima di quella data. Oggi sarà l’ultimo appello. In data odierna (9/9) la squadra si sottoporrà a una nuova serie di esami, determinanti per decidere le convocazioni. A livello fisico tra le due squadre sembra non esserci confronto constatando anche la condizione atletica, ma non bisogna disperare, è ancora lunga la scalata per la qualificazione. Nel frattempo Sebastián Villa (non contagiato), elemento importante nella conquista dell’ultimo titolo, ha dichiarato di voler lasciare la squadra al più presto dopo l’attuazione del protocollo etico da parte del club. Il giocatore non potrà giocare con la prima squadra fino al pronunciamento della giustizia sulla causa di violenza domestica in cui appare imputato. È questa la decisione del Consejo de Boca, ma lui vuole giocare.

Se per la squadra è un momento molto delicato, i tifosi sognano a occhi aperti ammirando i lavori di abbellimento della Bombonera. El templo si rifà il trucco con un cambiamento della disposizione cromatica nelle proprie platee. Probabilmente è questo l’unico aspetto positivo di questo difficoltoso periodo, oltre, al tampone negativo del coach Russo, persona molto a rischio dati i pregressi sanitari.

River Plate| Ha salutato definitivamente i tifosi Juanfer Quintero che prima della firma con i cinesi dello Shenzhen [manca poco per l’ufficialità] ha fatto scalo a Miami per risolvere alcune faccende personali. In vista della complicata ripresa della Libertadores nel Morumbi contro il San Paolo, Marcelo Gallardo perde l’oso Pratto per un problema muscolare. Per il resto el muñeco si sfrega le mani guardando i referti dei tamponi anti COVID19: per la seconda settimana consecutiva tutti i giocatori sono stati dichiarati negativi. I soli positivi sono il portiere della reserva Leonardo Diaz, mai a contatto con la prima squadra.

Capitolo Monumental. Continuano incessanti i lavori nella cancha del Millo, trasformata in un cantiere a cielo aperto. Asportata la pista di atletica, si sta provvedendo alla rimozione del prato per posizionare il nuovo manto erboso ibrido di ultima generazione. Cambiamenti sconvolgenti per il tifoso millonario, sognando lo step successivo, ovvero la costruzione di nuove tribune a bordo campo che scalderebbe ulteriormente il cuore ai tifosi. Per quello bisognerà aspettare, ma è una concreta possibilità futura.

Racing Club| La squadra diretta da Beccacece si prepara alla casalinga partita contro il Club Nacional in un Cilindro deserto, evento mai successo in questo 2020. Lavoro differenziato per il Licha Lopez e Matias Rojas, vittime di problemi muscolari pregressi, come per Alexis Soto y Nery Domínguez infortunati solo qualche giorno fa. Quest’ultimi due non dovrebbero far parte dei convocati per il 17 settembre. Altra nota stonata di un certo livello è la recente positività di Iván Pillud auténtico pilastro in difesa e di Lucas Núñez, portiere della reserva. Entrambi i giocatori sono asintomatici e rimarranno isolati nelle loro case. Situazione mercato: Non arriverà dal Real Madrid il giocatore Francisco Feuillassier, esterno in trattative col Racing. Il calciatore ha scelto il prestito nella Liga2 spagnola, nello Fuenlabrada. Hanno provocato un piccolo terremoto le parole del Chelo Diaz, rivelando nei canali ufficiali del club, l’intenzione di riapprodare nel suo ex club, all’Universidad de Chile in un futuro non troppo remoto. E probabilmente non per studiare.

Defensa y Justicia|Nella squadra di Crespo sono tutti abili e arruolabili, dati i risultati negativi ai test. Prossima partita il 17/9 contro gli ecuadoregni del Delfin, al Tito Tomaghello. Nuovi volti nell’Halcon. Sono arrivati in prestito il difensore Franco Paredes (21) e l’attaccante Enzo Fernández (19) entrambi dal River. Arrivato anche Brian Romero (29) in prestito dall’ Independiente per 18 mesi. Recuperato e reintegrato nel gruppo Duarte, positivo al Covid qualche settimana fa.

Anche il Tigre ha fatto uso della ‘bolla sanitaria’ nella preparazione della Libertadores. Di ieri è la notizia della positività di un ragazzo delle serie inferiori Felipe Zenobio e di Sebastián Somoza, un preparatore atletico dello staff. Asintomatici, saranno isolati. È forse l’impegno meno abbordabile quello del Matador che affronterà i paraguayi del Bolivar, formazione con già’ 14/15 partite nelle gambe. Appuntamento quindi ad Asuncion il 18/9.


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Incubo Boca, 19 positivi al Coronavirus!

Notizie sconvolgenti quelle che arrivano da Ezeiza. Doveva essere un ritiro blindato anti Covid-19 ma in realtà si è dimostrato un fallimento clamoroso.

La ‘bolla protettiva’ o burbuja sanitaria anticovid del ritiro Boca è scoppiata fragorosamente. Confermati addirittura 19 casi di COVID19 all’interno della squadra, 14 calciatori e 5 persone dello staff oltre che a semplici ospiti nell’hotel dove ospitava il club. Quello che doveva essere un luogo di protezione è diventato un focolaio incontrollato.

Il Dt Russo a metà pomeriggio, avvertito di quello che stava succedendo è tornato nella sua abitazione, essendo persona a rischio data la sua situazione sanitaria personale. Poi la notizia sconvolgente tramite comunicato ufficiale del club che gettava nello sconforto i tifosi: addirittura 19 contagiati. I giocatori presenti nel ritiro ora saranno isolati in quarantena in attesa di nuovo tampone, gli allenamenti saranno sospesi per le prossime 72 ore. Un colpo durissimo per il Club Atletico Boca Juniors, che mai nella sua storia si era trovato al centro di un focolaio.

Raccontati i fatti, rimane in piedi la domanda più importante: come è stato possibile che il Covid-19 abbia trovato terreno fertile in un luogo ‘sigillato’ e apparentemente studiato per essere sicuro?

Ecco la ricostruzione degli ultimi giorni. Il Boca Juniors entra nell’hotel hotel Howard Jonhson il 24 agosto, sede del ritiro per la preparazione alla Copa Libertadores. L’ordine della burbuja sanitaria è tassativo. Nessuno deve lasciare l’hotel e nessuno deve entrare. Tutti i giocatori e staff eseguono il test sierologico rapido il 24 agosto risultando tutti negativi. Il 26 altro giro di tamponi, incluso lo staff dell’hotel. Di nuovo tutti negativi. Durante la notte del 28 agosto si evidenziano tra i giocatori per la prima volta sintomi compatibili al Covid-19, tanto che il giorno dopo (29), si eseguono nuovi test sierologici di controllo. Questa volta vengono trovati alcuni casi positivi, di conseguenza il 30 agosto si rieseguono i tamponi di conferma che danno l’incredibile diagnosi: 19 positivi. Il numero di contagi certamente impressiona, ma è relativo essendo un ritiro. Quello che non torna è come il virus sia entrato nella ‘bolla’. Sappiamo che i calciatori, lo staff della squadra e dell’hotel, controllati, non sono mai usciti dalla struttura, ma al contempo non sappiamo nulla sugli ospiti dell’hotel, sui fornitori, autisti, corrieri, persone esterne della struttura, in contatto in qualche maniera con la stessa e contemporaneamente con la possibilità di ‘attingere’ all’esterno. Questa è la pista. Non somo stati considerati i dettagli più irrilevanti nella logistica extra plantel. È attraverso questa falla che che il virus è passato, non ci sono altre spiegazioni. Questa è l’ipotesi più concreta. Non è stato fatto adeguato filtro per le persone al di fuori dell’equipo.

La concentrazione sistematica di giocatori, dapprima usata come metodo di isolamento rispetto al mondo esterno, ha prodotto esattamente il risultato opposto. Un contagio massivo mai avvenuto prima d’ora in una squadra di calcio argentina. Se queste sono le prospettive per giocare al fútbol allora preferiamo fermarci e farne a meno. Il problema coronavirus in Argentina ancora è molto grave e non si risolve con l’uso della sola mascherina.

Ma non è ancora finita. Preoccupazione ulteriore deriva dal fatto che tutti i quattro portieri Xeneize (Andrada, Rossi, Garcia e Roffo) sarebbero positivi. Paradosso del paradosso. Se i contagiati non dovessero guarire in tempo e se la società lo riterrà opportuno si tornerà per forza a pescare sul mercato, per tentare, a questo punto, di giocare lo stesso in Paraguay. Parlando di breve periodo, l’amichevole col Tigre già programmata per sabato prossimo va inevitabilmente in stand-by.

Le priorità più grandi per il Boca sono altre, ma non possiamo chiudere gli occhi sui prossimi impegni calcistici. Istituzionalmente la società chiederà alla Conmebol di posticipare la partita contro il Libertad di Asunción in programma il 19 settembre, anche se da Luque indicano di leggere bene il regolamento. ‘Nel caso un club non possa presentarsi per disputare un incontro per la quantità insufficiente di atleti in condizione, perderà la partita’. La Conmebol inoltre, prevedendo difficoltà in tal senso ha allungato le liste giocatori fino ad un massimo di 40 giocatori.

Considerando che, quanto successo possa accadere a qualsiasi squadra e in qualunque momento della competizione, ci arrendiamo, avendo l’onestà intellettuale di renderci conto che questo non è calcio. Il problema coronavirus in America Latina è ancora molto serio e forse non è ancora il caso di creare nuovi focolai. Non ha senso giocare la Libertadores in condizioni più critiche rispetto a quelle europee. In definitiva la squadra che vincerà la Libertadores 2020 sarà quella più sana, con meno casi Covid in squadra. È davvero questo che vogliamo? Questo non è più fútbol, è qualcosa più grande di noi che in questo momento non riusciamo a sconfiggere, nonostante tutta la buona volontà.


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Ripresa Libertadores: si fa dura per le argentine.

Al via la Libertadores dopo circa 6 mesi, ma non sarà una competizione troppo equilibrata. Grande vantaggio per chi ha ripreso il futbol prima di altri, si preannuncia un torneo probabilmente a senso unico. Non si escludono sorprese clamorose nel breve periodo.

Il ritorno della competizione più affascinante del continente sudamericano è la notizia più bella per gli amanti del futbol di certe latitudini. Finalmente torna a rotolare la pelota nel continente più passionale del pianeta. Si giocherà a porte chiuse con i protocolli anti Covid simili a quelli adottati in Europa.

PROTOCOLLO Dopo alcune settimane di ritardo il governo argentino ha firmato il protocollo sanitario della Conmebol. La sinergia dei ministeri della Salute, Sport, Sicurezza, Interno e Turismo, in collaborazione costante con la Conmebol ha di fatto superato gli ultimi ostacoli. Grazie a questo accordo non ci sarà quarantena per i clubs ‘visitanti’ e le squadre argentine potranno giocare le gare interne nei propri stadi. Solo il River si rifugerà al Libertadores de America, la cancha dell’Independiente, causa lavori al Monumental.

DIFFERENZE FISICHE Il primo dato che emerge su questa ripresa non è troppo confortante per le squadre argentine. C’è da registrare in questi mesi una presa di posizione molto diversa dei diversi governi sudamericani in fatto di politiche interne in contrasto al virus. Che tradotto in termini futbolístici significa essenzialmente una cosa: chi ha iniziato prima a giocare avrà un notevole vantaggio rispetto agli altri. In Argentina, Colombia, Venezuela e Bolivia il futbol non è ancora ripartito, a differenza di altre federazioni nazionali dove le competizioni calcistiche locali sono ricominciate addirittura da fine luglio. In Brasile, nonostante il triste record di contagi e morti (secondo focolaio mondiale di coronavirus), si gioca (e non parliamo di allenamenti) addirittura dal 23 luglio. Come pure in Paraguay (22/7), in Cile (1/8), in Uruguay (9/8), in Ecuador (16/8) e in Perù (25/8).

IMPREVEDIBILITA’ È quindi un quadro abbastanza sconfortante quello che si presenta dinanzi alle 5 argentine. Incontrare squadre già avanti nella forma fisica potrebbe complicare e non poco i piani più ovvi, come ad esempio la semplice qualificazione al turno successivo. Di conseguenza il livello di imprevedibilità non sarà per nulla paragonabile agli anni precedenti, essendo in pratica questa del 2020 una coppa a sè, una sorta di ‘Copa de transicion’. Di fatto si rischia la supremazia brasiliana, mai come ora favoriti alla vittoria finale. L’obiettivo a breve termine per le cinque argentine sarà quello di stringere i denti per cercare di entrare in condizione quanto prima.

Ma analizziamo i gironi a noi interessati:

Gruppo B

Già complicato prima del lockdown, ora il Tigre per qualificarsi dovrà fare un vero e proprio miracolo. Il 18/9 se la dovrà vedere contro il Bolivar (Bolivia), come gli argentini ancora senza partite nelle gambe. È questo forse l’aspetto più positivo, perché Palmeiras (dal 23/7 – 11 partite) e Guaraní (dal 16/7 – 4 partite) saranno di un altro passo.

Gruppo D

L’equilibrio fin qui del girone D sarà destinato a scomparire. Il 18/9 il River affronterà la temibile trasferta brasiliana contro il San Paolo, che ha giocato dal 24/7 la belleza di 8 partite tra Paulista e Brasilerao. Il LDU Quito (Ecuador) ha iniziato il 16/8 giocando 5 incontri, mentre il Binacional (Perù) è in attività dal 25/8 (1 partita). Da ricordare che quest’ultima giocherà le partite interne a Lima e non in altura a Juliaca (3.800m). Il River inoltre ha già giocato a Quito (2.850m).

Gruppo F

Il Racing Club giocherà il 17 settembre al Cilindro contro il Club Nacional. Gli uruguayi giocano dal 9 agosto l’Apertura della Primera División (6 partite). In Venezuela non si gioca (Estudiantes Merida), mentre in Cile l’Alianza Lima ha all’attivo finora 3 partite, avendo ricominciato il campionato il 1 agosto.

Gruppo G

Forse il girone più duro è quello dell’Halcon. Il 18/9 il Tito Tomaghello ospiterà il Delfín (Ecuador), in attività dal 16 agosto (4 partite). Ancor più temibili Santos (Brasile) e Olimpia (Paraguay), le squadre più rodate avendo iniziato le competizioni lo stesso giorno (23/7) giocando lo stesso numero di partite (8).

Gruppo H

È forse il girone meno pesante e più simile alle condizioni fisiche del Boca, anche se il 18/9 il Xeneize dovrà affrontare la trasferta durissima di Asunción, contro il Libertad, in attività dal 22/7 (8 partite). Caracas (Venezuela ) e Deportivo Medellin (Colombia) saranno più alla portata, non avendo queste squadre giocato alcuna partita.

Altro aspetto non scontato saranno i contagiati e gli infortunati che mano a mano verranno esclusi dalla squadra. Sarà un torneo a eliminazione fisica e favorita sarà la squadra che, oltre la condizione, avrà meno defezioni in rosa. L’edizione della Libertadores 2020 sarà certamente ricordata a lungo.


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L’Argentina tentenna sul protocollo Conmebol. Libertadores a rischio?

Argentina, Uruguay e Cile ancora non approvano il protocollo sanitario della Conmebol, a differenza delle altre Federazoni sudamericane. E se il Governo non firmerà..

Dopo l’annuncio della Conmebol della ripresa della Copa Libertadores e Sudamericana a partire dal 17 settembre sorge improvvisamente un problema di tipo sanitario. Il Governo argentino, guidato dal presidente Alberto Fernandez, ancora non ha approvato il protocollo sanitario redatto dalla CONMEBOL e di conseguenza, manca ad oggi l’autorizzazione per la disputa delle gare interne delle cinque squadre impegnate in Libertadores (Boca, River, Racing, Defensa y Justicia e Tigre) in suolo argentino.

Mentre tutte le altre federazioni sudamericane (Ecuador, Venezuela, Paraguay, Brasil, Bolivia, Colombia e Perú) hanno dato l’ok, quella argentina, uruguaya e cilena ancora prendono tempo. Quale sarebbe il problema? Il rischio è quello di ospitare possibili atleti/accompagnatori/dirigenti contagiati, provenienti da altri paesi maggiormente più esposti al virus, con una conseguente nuova ondata epidemica. Si reputano infatti insufficienti le normative e le linee guida emanate dal protocollo sanitario. Il ministero della salute, del turismo e sport, della sicuerezza, dei trasporti e dell’interno argentino, assieme alla federazione (AFA) e alla Conmebol sono costantemente in contatto per risolvere la questione. A tutt’oggi infatti lo spazio aereo argentino è limitato solo alle rotte commerciali/umanitarie e per accogliere una delegazione calcistica di circa 50 persone ci vuole un permesso speciale goverantivo, oltre che, alla deroga sulla quarantena obbligatoria di 14 giorni.

Eccesso di zelo o prevenzione nazionale? Quello che sappiamo è che da Buenos Aires si è chiesto alla federazione continentale un’integrazione di linee guide per la gestione delle squadre che arriverebbero da altri stati come nel caso risulti positivo un atleta/tesserato, oltre che per procedure logistiche negli spostamenti (attualmente mancanti) tra hotel e centri sportivi, sempre a rischio in questo tempo di pandemia. Chi si prenderà la responsabilità della gestione dei ‘visitanti’? Per adesso c’è collaborazione tra gli enti per cercare di limare le differenze, vedremo che succederà nelle prossime ore.

Per questo motivo le cinque società interessate si stanno già attivando per trovare una sistemazione in un altro Stato, nel caso in cui non ci sia la fumata bianca. La Conmebol ha accettato di collaborare, fissando anche un termine per martedi 25 agosto, alle 19:00 ora argentina per indicare la sede interna o per forza, estera per le partite di casa nel caso non venga approvato il documento. La sensazione è che il governo stia mettendo alla corda la Conmebol dopo i recenti dati interni (riferiti a contagiati/ricoverati in terapia intensiva) di Covid19, in cerca di ulteriori rassicurazioni per non aggravare ulteriormente la situazione nazionale. Accorgimenti, che a quanto sembra, non sembrano troppo interessare le federazioni di altri Paesi.


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Nuovo calendario (e regole) per la Copa America 2021

La CONMEBOL rende note le modifiche alla prossima Copa America

Doveva svolgersi quest’estate la Copa America nunero 47 dopo quella ospitata e vinta dal Brasile appena l’anno scorso. Si è deciso, causa forza maggiore di farla giocare l’anno prossimo, nel 2021, a fronte di questo drammatico 2020.

È stato confermato che la competizione più antica del pianeta sarà ospitata nel 2021 da Argentina e Colombia, in un formato inedito rispetto alle edizioni precedenti. Le due nazioni ospiteranno due gironi, il gruppo A o gruppo sud con Argentina, Australia (al posto del Giappone), Bolivia, Uruguay, Cile e Paraguay. E il gruppo B /gruppo nord con Colombia, Brasile, Qatar (confermata la presenza), Venezuela, Ecuador e Perù.

Gli stadi scelti dalla Conmebol in Argentina saranno il Monumental, dove verrà giocata la partita d’esordio Argentina-Cile, Argentina-Paraguay il 19/7 e Argentina-Australia il 22/7; Cordoba (15/7 Argentina-Uruguay), La Plata (Ciudad) (25/7 Argentina-Bolivia), Santiago del Estero e Mendoza. Non saranno calpestati i manti erbosi della Bombonera, del Cilindro e del Libertadores de America, stadi leggendari, dalla mistica unica, dove è stata scritta la storia del futbol argentino. Motivi di sicurezza? Logistica? Politica? Quello che sappiamo è che la Copa perderà molto del suo fascino, o meglio, poteva averne assolutamente molto di più .

Nella fase a gironi passeranno le prime 4 di ogni gruppo, le quali, nei quarti affronteranno le rispettive qualificate dell’altro girone in ordine inverso: quarta contro prima, terza contro seconda e così via. Debutto del torneo in suolo argentino, finalina 3/4 posto e finalissima in Colombia. Cambia così il calendario redatto in periodo pre Covid-19.

La Conmebol, al fine di facilitare le nazionali impegnate in questo periodo complicato, ha formulato nuove regole. Si potranno modificare le liste giocatori una volta conclusi i gironi, cambiando al massimo 3 calciatori in caso di infortuni. La Conmebol stessa poi, per la compilazione del nuovo calendario ha cercato di ridurre al minimo i viaggi, aumentando i giorni di riposo dopo la fase a gruppi. Infine la domanda dell’anno: stadi pieni o stadi vuoti? È ancora molto presto per dirlo, di certo ci si augura che per l’anno prossimo in questi tempi, si siano risolte molte delle controversie capitate in questo pazzo inizio 2020.


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Argentina: ancora stop futbol

Venerdì 31 agosto ha parlato in tv il presidente argentino Alberto Fernandez, ma non sono buone notizie quelle date alla nazione. L’Argentina rimarrà in quarantena (fase 2) almeno fino al 14 agosto.

Se da una parte probabilmente c’eravamo illusi per una ripresa del futbol grazie alla riprogrammazione della Libertadores, dall’altra, ci ha pensato bene la curva dei contagi a farci tornare alla realtà. E cioè, bisognerà aspettare ancora. Dopo l’apertura di qualche settimana fa dello stesso Fernandez, ora arriva lo stop perentorio dal governo: il futbol in Argentina non tornerà, almeno a breve. In queste settimane la curva dei contagi Covid-19 non è scesa secondo le previsioni, anzi, numeri record negli scorsi giorni, con le terapie intensive già in sofferenza.

Di qui, l’inevitabile decisione del capo dello stato: “La quarantena obbligatoria continuerà fino al 14 agosto. Stiamo osservando focolai di epidemia che si stanno manifestando in altre parti all’interno del paese. Stiamo affrontando un nemico invisibile. “ ha aggiunto.

E in effetti è così. Il numero dei contagi Covid nonostante le misure adottate finora non accenna a diminuire, anzi, i casi di mortalità e contagio sono aumentati considerevolmente negli ultimi 24 giorni, secondo i dati divulgati dal ministero della salute. Ieri ad esempio sono stati 5.241 nuovi casi di Coronavirus in Argentina con 53 deceduti. Dati relativamente bassi confrontandoli a quelli conosciuti in Europa e in alcune parti del continente sudamericano, ma preoccupanti per Fernandez e ministri.

E il futbol? “Mi manca molto il calcio, come tanti altre persone. Spero che torni tutto come prima essendo io un grande tifoso del futbol ” dice il presidente Fernandez, tifoso dell’Argentinos Juniors “ma in questo momento non possiamo farlo tornare, non possiamo.”

Già il futbol, una bella gatta da pelare. La Conmebol ha definito come il 15 settembre la ripresa della terza giornata di Libertadores, ma sembra quasi irreale per le cinque squadre argentine arrivare in tempo all’appuntamento. Si è pensato di posticipare il tutto alla prima settimana di ottobre; si sta pensando in queste ore di poter trasferire le squadre (e di conseguenza iniziare gli allenamenti) nel vicino Uruguay, paese solo sfiorato da coronavirus. Ma soprattutto ci si sta domandando come sarà possibile andare in trasferta in certe località, come per esempio in Brasile (paese in collasso, ma dove si gioca normalmente), in Perù o in Cile, ovvero in quei paesi dove il livello di contagio è ai massimi livelli, con i voli internazionali ancora interdetti.

Ci sarebbe da fare poi un altro ragionamento. Ahora in Sudamerica si gioca solamente in Brasile e Paraguay. E parlare attualmente di Brasile equivale a sparare sulla croce rossa, talmente surreale è la situazione attuale. Il campionato è ripartito nonostante la pandemia abbia fatto, e stia facendo danni enormi, Ieri altri 45.392 e nuovi casi e 1.088 morti (almeno dai dati divulgati ufficialmente..). Irresponsabilità, ecco l’unica parola decente da attribuire al governo Bolsonaro, soprattutto, per il menefreghismo assoluto del capo dello stato alla popolazione brasiliana e poi in secondo luogo anche per le squadre che transiteranno per quei luoghi. Vedute politiche differenti certo, ma chi garantirà l’incolumità fisica, la Conmebol?

Altra domanda legittima: che tipo di vantaggio si troveranno nel proprio cammino le squadre che già si allenano e giocano? Va trovata assolutamente una soluzione, perché al netto dei migliori auspici, l’attività sportiva in Argentina inizierà non prima del 10 agosto. Troppo tardi per competere veramente nella Copa più importante del Sudamerica?


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Il futbol tra Covid-19, AFA, CONMEBOL e LFP: speranze e realtà

La sospensione del futbol in sudamerica e più specificatamente in argentina sta creando gravi disagi fisici e psichici al tifoso medio, ovvero alla gran parte della popolazione. I sintomi variano da ansia, stress, cambiamenti di umore e di comportamento per arrivare alla depressione in prossimità del week end. Nei social poi l’astinenza da stadio assume livelli preoccupanti. Possiamo imbatterci con il delirio, l’ossessione e la rappresentazione della curva nella scala di casa, religiosamente sempre e in ogni caso con la ‘mistica’ camiseta addosso. Insomma, abituati fin da piccoli a vivere nella cancha, trasudando passione e respirando futbol, non è certo per quanto ancora possano reggere i nervi agli hinchas argentini.

AFA y LPF La settimana scorsa è stata decisiva per le elezioni federali in AFA. In collegamento tramite videoconferenza si è giunti all’elezione dell’unico candidato alla presidenza Chiqui Tapia, nel suo secondo mandato fino al 2025. Il presidente è il principale propositore della rivoluzione che si abbatterà in Primera. Senza pensarci troppo è stata silurata la Superliga, ovvero quella lega che si prefiggeva di aumentare il livello di competitività nel fútbol argentino, col proposito di una riduzione a una ventina di squadre. Tapia è andato oltre. Ha bloccato le tre retrocessioni (salvando così il Gimnasia di Maradona), battezzando e benedicendo la nuova Liga Profesional de Futbol, (LPF o Liga AFA), ossia un torneo sotto il controllo diretto del Chiqui stesso, la cui mission sarà quella di arrivare tra qualche anno a 28 squadre nonostante il parere negativo di giocatori e addetti ai lavori. Grondona probabilmente non ha insegnato nulla.

CORONAVIRUS La quarentena in Argentina è stata prorogata ulteriolmente fino al 7 giugno dal presidente argentino Alberto Fernandez per il perdurare dei contagi da COVID-19. Il Sudamerica è diventato il nuovo focolaio attuale del virus anche se in Argentina i numeri sono ancora relativamente bassi rispetto ad altre parti del continente. Al 27 maggio si contano 13.228 contagiati e 490 vittime. Il vero dramma si sta consumendo in Brasile dove si contano 10.000 vittime nelle ultime due settimane. La situazione è ormai totalmente fuori controllo. La politica permessivistica scellerata di Bolsonaro si è dimostrata un fallimento totale, con migliaia di persone ne stanno pagando purtroppo le conseguenze. Vergognosa è stata la sottovalutazione della pandemia da parte del presidente del Brasile.

FÚTBOL Mentre in Argentina non si sono ancora ripresi allenamenti di squadra, si cerca di prevedere quando il pallone tornerà a rotolare. Resterà da capire se si vorrà continuare la Copa Argentina e la Copa Superliga, competizioni utili per l’assegnazione di nuovi posti in Libertadores e Sudamericana. Nel frattempo la Conmebol ha fatto sapere qualche giorno fa l’intenzione di voler terminare i tornei di Copa Libertadores e di Sudamericana 2020, sempre privilegiando in primo luogo la salute degli atleti.

Sono stati formulati protocolli da adottare in competizioni Conmebol qualora si riprendesse a giocare in America Latina. D’altronde ci sarebbe da recuperare anche le qualificazioni mondiali per Qatar 2022, con la Copa America spostata all’anno prossimo. C’è allora da sperare quanto prima che si possa finalmente tornare a parlare di calcio, in sicurezza, cominciando piano piano a tornare nella normalità, dimenticando l’incubo del Covid-19.


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”Fue una vergüenza mundial” (Arg)

Es un Tato sin pelos en la lengua al que tuvimos el honor de entrevistar in esclusiva. Hemos vuelto a ese maldito 24 de noviembre de 2018, el día en que se iba a jugar la superfinal de América, el regreso de la Libertadores al Monumental.

Gracias Tato por tu tiempo valioso, es un honor entrevistarte!

Leandro ‘Tato’ Aguilera

Tato querido, podemos imaginar que significó para vos como profesional y como hombre relacionado al deporte aquel terrible día, por lo tanto te pedimos disculpas anticipadas por volver a recordar esos días negros para el deporte argentino.

Superfinal de América, vuelta. Se sentía la presión del evento? Habían señales en el aire de la violencia que vendría después?

Fue un momento realmente duro, extraño, a mi me tocó pasar por el lugar donde fue apedreado el micro que llevaba a la delegación de Boca Juniors, cerca de las 15hs y el micro terminó pasando como a las 17hs y a veía un ambiente bastante enrarecido de muchos hinchas, de poca presencia policial que terminó generando justamente un destrozo en las ventanillas del ómnibus y con muchos jugadores de Boca que terminaron con cortes, golpes, alergias… porque también tiraron un gas lacrimógeno adentro del ómnibus…fue terrible. Una experiencia muy traumática y ahora que estoy hablando voy recordando esos momentos porque también yo estaba cerca del vestuario cuando llegaban los jugadores y fue de no creer, hasta vergonzoso para todos los que estamos cerca del fútbol.

Cómo era el clima entre los hinchas de Boca? Había más preocupación o confianza

Había confianza en Boca Juniors de dar vuelta la serie, había confianza de ganar en la cancha de river, pero cuando terminó ese partido y salían los jugadores de Boca ya era otra la situación, los jugadores de Boca diciendo “Bueno, que le den la copa a River sin jugar”, me acuerdo a Tevez, a Benedetto declarando así es como que nunca pudieron sacarse esa bronca por no poder disputar el partido y por la agresión sufrida a todo el plantel llegando a la cancha de River, fue una vergüenza mundial lo que pasó, habían sólo hinchas de River, no habían hinchas de Boca obviamente en el Monumental. Después en Madrid, ahí ya los hinchas de Boca y de River se comportaron como unos caballeros, se cruzaban por las calles de Madrid y no se decían nada, acá en Argentina seguramente se hubiesen agredido físicamente o verbalmente, también es una cuestión de que allá las leyes se respetan mucho más.

24 de noviembre. Con qué sentimientos te levantaste esa mañana?

Yo soy periodista e hincha de Boca, así que obviamente ese 24 de noviembre me levanté tenso, emocionado y esa situación te lleva obviamente al nerviosismo en algún momento

Siempre así de equilibrado, cómo hacés para separar lo profesional del hincha que llevás adentro?

Intento ser coherente por sobre todas las cosas para que con esa coherencia mis opiniones y mi forma de ser justamente no se agregue la pasión por ser hincha del club, eso es lo más difícil. Intento siempre despegarme del sentimiento de hincha y que mis opiniones sean coherentes.

Puerto Madero.
Boca sale del hotel y se dirige con el micro al Monumental en un enorme BANDERAZO de hinchas Xeneizes. Vos estabas ahí? Qué recuerdos tenés de tanto entusiasmo?

Estuve en la previa del partido, haciendo la cobertura desde temprano hasta que después me fui al estadio para recibir al plantel que fue justamente lo que pasó, fue impresionante la cantidad de hinchas de Boca que estaban en el hotel apoyando al equipo, los jugadores saliendo a los balcones, saludando. Fue un momento inolvidable en cuanto al apoyo de los hinchas a sus jugadores que iban a defender la camiseta en la cancha de River.

El colectivo de Boca en la rotonda Quinteros es atacado a piedrazos por los hinchas de River y con dificultad logra entrar al Monumental entra gas pimienta. Cómo reaccionaste?

Estaba haciendo la transmisión para la radio y para la televisión y apenas lo veo llegar al ómnibus al estadio -porque yo no estaba justo en esa esquina donde pasó lo del micro de Boca-, veo que el ómnibus viene ya con ventanillas rotas, entonces voy corriendo hacia el “anillo” y empiezo a ver a jugadores y a los dirigentes gritando, llorando y bueno, fue todo lo que pasó ahí y entró la delegación al vestuario en un hecho de mucho nerviosismo y también de mucha impotencia porque iban insultando, como enojados con lo que había pasado.

Qué clima había en el Monumental?

El clima era bastante raro porque había mucha gente sin entrada que quería ingresar igual, nosotros en la previa ya veníamos contando en la radio y en el canal que habían puertas que levantaban los molinetes y pasaban corriendo muchos hinchas sin entradas, corridas en el anillo interno, corridas en las tribunas. En la preva ya se vivía un ambiente poco feliz y poco festivo para disputar un partido de fútbol…

Fue la situación más surreal de tu carrera? Tuviste miedo?

Fue un situación surreal en mi carrera, miedo, sí tuve, como me ha pasado en otras ocasiones de tener miedo ante esas cirscunstancias que se van viviendo, observando y relatando.

Jugadores que vomitaban por el gas pimienta, lesión ocular de Pablo Pérez… Por qué el partido no fue suspendida como en el 2015?

Me parece que el partido no se suspende y se lo lleva a Madrid porque en el estadio ya estaba Infantino, el presidente de la FIFA, Dominguez, el presidente de la CONMEBOL y era una imagen al mundo que no querían dar, además porque era la final, no querían quedarse sin el partido de vuelta.
Pero para mí, fue totalmente injusto que se haya disputado ese encuentro porque yo vi a los jugadores cómo llegaron, cómo estaban, cómo los hicieron sentir. Entraron los veedores de la CONMEBOL para obligarlos a jugar, no les interesaba que los jugadores estén con un corte en el ojo, en la frente, vomitando por el gas pimienta, por lo que les tiraron…fue un hecho que relatarlo a mí, ya me da vergüenza.

Qué conclusión sacás, culpa de River o de la policía?

River tuvo culpa como también la seguridad. River, porque eran hinchas de River los que les tiraron las piedras y los que tiraron de todo al ómnibus de Boca, que podría haber sido una tragedia, y la seguridad porque no montó bien el operativo. Aparte, cuando dobla el ómnibus, por lo que me contaban los integrantes de la delegación de Boca, les seguían tirando piedras, no fue sólamente en esa esquina, sí, creo que fueron responsables, tanto River Plate como la policía.

Cuán importante fue no tener público visitante de Boca?

Obvio que fue muy imporante porque no se qué hubiera pasado con hinchas visitantes, pero yo conociendo el estadio de River, el lugar donde ingresa el micro, donde dobla, todo eso siempre fue para el visitante…o sea, no hubiese pasado nada porque el ómnibus hubiese entrado por donde estaban entrando los hinchas de Boca. Si no hubiese sucedido lo que sucedió, por ahí sí hubiésemos tenido más encuentros entre hinchas y situación de violencia, pero al ómnibus de Boca para mí no le pasaba nada porque siempre los hinchas visitantes en el estadio de River ingresan por esa calle, por Quinteros.

Fue justo reprogramar la final, y en Madrid?

Yo creo que no fue justo reprogramar el partido de River y Boca en Madrid, primero porque es un partido que se tendría que haber disputado acá en Argentina si existía la posibilidad de volver a jugarlo, hasta te diría, tendría que haber sido a puertas cerradas en el estadio de River. Segundo porque me parece que se vendió el espectáculo Boca River al mejor postor y terminaron haciendo un gran negocio ese encuentro para llevarlo a Madrid, me parece que fue totalmente injusto reprogramar la final y jugarla en Madrid.

Qué podés decir de la breve experiencia de Daniele de Rossi?

De Rossi dejó una gran impresión dentro del plantel, como también a los hinchas. Lo que le pasó a De Rossi es que jugó poco porque se lesionó mucho, sino para mi De Rossi podría haber dejado otra imagen en Boca Juniors, fue una grata experiencia que el fútbol argentino se nutra de un campeón del mundo y de un jugador como Daniele De Rossi en una institución tan grande como Boca Jrs. Y ojalá éstas experiencias se den más seguidos con futbolistas que en Europa ganaron todo porque seguramente se van a ir de la Argentina muy enamorados de lo que es nuestro fútbol.


Cómo ves la situación actual del fútbol argentino (Covid-19)?

El fútbol argentino es muy desorganizado. Acá han intentado en los últimos años darle un marco de organización y tiene dirigentes en su gran mayoría poco responsables en su conducción, entonces esto desnuda a aquellos que no previeron nunca una situación así, desnuda a aquellos que creían que todo se iba regenerando y que con la venta de algún jugador o algo iban a poder saldar deudas.

Creo que en eso es donde más está afectando el COVID-19, además de ser un país tan futbolero que a todos nos tiene como extrañando esa sensación de ir a la cancha, en mi caso de ir a cubrir un partido, del hincha de ir a verlo…Pero creo que eso es lo que está pasando acá en el fútbol argentino.

Es verdad que existe el proyecto de volver a 30 equipos?

Existe un proyecto de sumar equipos de acá a dos años, de 2 en 2, entonces eso llevará a 28 los equipos en Argentina, algo que me parece que no está bien porque la Argentina estaba en camino y encaminada a tener 20, de hacerlo competitivo, pero bueno, intereses que derivan en la suspensión de los descensos por 2 años y otras cuestiones derivaron en que la Argentina de acá al 2022 vuelva a tener 28 clubes en la Primera División, algo que me parece que no está bien.

Bombonera. En Italia se debate si ampliar o no porque ya es linda como está.

La Bombonera es única y es como un templo mundial. La Bombonera va a cumplir 80 años de su contrucción ahora en mayo y es un estadio que necesita una remodelación y ampliación porque Boca tiene más de 200 mil socios, entonces tenés un estadio actualmente con capacidad para 54/55 mil, y que si se amplía, estaría llegando a los 80 mil que le vendría bien al club tener más capacidad. Creo que aunque se amplíe, seguirá siendo el estadio más lindo del mundo… es muy pintorezco, como también es muy pintorezco el barrio de La Boca, es como un combo. Por eso el hincha de Boca se siente tan identificado con su colores, con su barrio, con su estadio y…ama La Bombonera.

Nunca más veremos público visitante en un Superclasico?

Creo que en la Argentina que venimos “involucionando” en ese tema, no vamos a tener hinchas visitantes en el torneo local. Los primeros partidos que se definieron sin público visitante fue en el 2004 por Copa Libertadores de América en semifinales en la que Boca y River juegan. Ahí, se decidió desde la seguridad no tener visitantes ni en la cancha de Boca ni en la de River. Y desde ahí como que fueron tomando ésta idea para implementarlas en más o menos ya 10 años por lo que ya nos acostumbramos a tener fútbol sólo con público local, que es una lástima que no podamos tener la grandeza de recibir a visitantes como se merece y con la comodidad que necesita un hincha de otro equipo.

Podrías dar un mensaje a los numerosísimos hinchas de Boca en Italia?

El mensaje que les doy a los hinchas de Boca que están en todo el mundo, son millones y que sé que en Italia hay un vínculo por ser un club fundado por genoveses, por ser un barrio repleto de inmigrantes italianos. Todo eso genera que tengamos un lazo, los italianos con Boca Jrs y Boca Juniors con los italianos. El mensaje es que sigan disfrutando del club, del equipo a la distancia y si pueden alguna vez, se saquen el pasaje, se paguen la estadía unos días en Buenos Aires y vengan a ver un partido a La Bombonera, ¡que no se van a olvidar más en su vida!

Pará el sitio nos ayuda un “socio” de Boca (que es mendocino como vos), en Buenos Aires que habla italiano y tiene su espacio de Boca en el sitio. Él es Lucas Alcaraz Migliorisi, nos ayudó con esta entrevista, un agradecimiento a también a él.

Abrazo grande para Lucas Alcaraz Migliorisi, espero que se encuentre bien y que todos los que son parte del sitio sigan haciendo el trabajo que están haciendo!

Gracias Tato por tu disponibilidad, gran periodista pero sobre todo, un gran hombre. Mucho éxitos, te deseamos lo mejor!
Te queremos!


En colaboración con Lucas Alcaraz Migliorisi

calcioargentino.it

“Fu una vergogna mondiale” (Ita)

È un Tato a ruota libera quello che abbiamo avuto l’onore di intervistare in esclusiva. Siamo tornati indietro a quel maledetto 24 novembre 2018, il giorno in cui si doveva giocare la superfinal de America, il ritorno della Libertadores al Monumental.

Leandro ‘Tato’ Aguilera

Caro Tato, possiamo solo immaginare cosa significhi quel terribile giorno per te, come professionista e come uomo legato allo sport, quindi ci scusiamo in anticipo se rinvanghiamo in te ricordi scomodi e dolorosi.

Superfinal de America, ritorno.

Fu un momento davvero difficile, strano. Passai nel posto dove fu poi ‘lapidato’ l’autobus che trasportava la delegazione del Boca Juniors all’incirca alle 15:00, mentre l’autobus attraversò la zona alle 17. E già c’era un’atmosfera piuttosto pesante per i tanti tifosi e per la poca presenza della polizia. Che poi giustamente, degenerò nello sfondamento dei finestrini dell’autobus, con tanti giocatori del Boca vittime di tagli, colpi e irritazioni. Perché gettarono anche un gas lacrimogeno all’interno del bus .. fu terribile. Fu un’esperienza molto traumatica e ora che ne parlo, mi ritornano in mente quei momenti perché anch’io ero vicino allo spogliatoio quando i giocatori arrivarono. Fu da non credere, persino imbarazzante per tutti noi che seguiamo da vicino il fútbol.

Com’era la vigilia tra i tifosi del Boca? C’era più preoccupazione o fiducia?

C’era fiducia nel Boca Juniors di recuperare la serie, c’era fiducia di vincere sul campo del River, ma quando fu tutto finito (partita rinviata ndr) e i giocatori del Boca uscirono, la situazione era diversa. I giocatori del Boca dicevano “Vabbè, date la Copa al River senza giocare.” Ricordo Tevez e Benedetto che dicevano di essere arrabbiati per non essere riusciti a giocare, condannando l’aggressività subìta da tutta la squadra arrivando allo stadio del River. Fu un vergogna mondiale ciò che accadde.

C’erano solo tifosi del River e ovviamente non c’erano ‘hinchas’ del Boca al Monumental. Più tardi a Madrid i tifosi di Boca e River si comportarono da gentiluomini, si incontravano per le strade di Madrid e non si dicevano nulla, qui in Argentina si sarebbero sicuramente aggrediti fisicamente o verbalmente. E’ anche una questione di leggi che lì si rispettano molto di più.

24 novembre. Con che sentimenti ti sei svegliato quella mattina?

Sono un giornalista e tifoso del Boca, quindi ovviamente quel 24 novembre mi sono alzato teso, emozionato. Ovviamente questo era il tipo di situazione ti portava al nervosismo.

Sei sempre equilibrato nelle trasmissioni che fai, come riesci a separare il professionista dal tifoso dentro di te?

Cerco di essere coerente soprattutto perché con questa coerenza, la mia opinione e il mio modo di essere non prevalga sulla passione di essere tifoso del club, che è la cosa più difficile. Cerco sempre di allontanarmi dal sentimento del tifo in modo che le mie opinioni siano sempre equilibrate.

Puerto Madero.
Il Boca scende dall’hotel e si dirige col micro al Monumental in un enorme Banderazo dei tifosi xeneizes. Tu eri lì? Che ricordo hai di tanto entusiasmo?

Ero alla Previa della partita, stavo ‘coprendo’ l’evento dalla mattina fino a quando sono andato allo stadio per accogliere la squadra, così com’è poi avvenuto. Fu impressionante il numero dei tifosi del Boca che erano all’hotel a sostenere la squadra, con i giocatori che uscivano dalle finestre, salutando. Fu un momento indimenticabile per il supporto dei tifosi ai loro giocatori, che stavano andando a difendere lacamiseta’ sul campo del River.

Il Pullman Boca alla curva Quinteros viene colpito da pietre lanciate da tifosi River e con difficoltà riesce ad entrare al Monumental tra i gas pimienta. Come hai reagito?

Stavo facendo la trasmissione per la radio e la televisione e appena mi sono accorto che arrivava l’autobus allo stadio -perché non ero proprio in quell’angolo in cui si verificò l’aggressione al bus Boca-, vedo che il pullman arriva con i finestrini rotti. Quindi inizio a correre verso l’anillo (Monumental ndr) e vedo giocatori e dirigenti che stavano URLANDO e PIANGENDO, eh bueno, era quello che stava succedendo.. Il Boca entrò nello spogliatoio in una situazione di grande nervosismo e anche di molta impotenza, continuando a insultare perché c’era molta rabbia per quello che stava accadendo.

Al Monumental che clima c’era?

Il clima era piuttosto strano perché c’erano molte persone senza biglietto che volevano entrare lo stesso. Noi nella previa avevamo già detto alla radio e nel canale che c’era gente che forzava i tornelli e molti tifosi che correvano dentro senza biglietto, all’interno del Monumental e sugli spalti. C’era già un’atmosfera infelice e non molto festosa per giocare una partita di calcio.

È stata la situazione più surreale della tua carriera? Hai avuto paura?

Fu davvero una situazione surreale nella mia carriera. Sì, ho avuto paura, come mi è successo di aver paura in altre occasioni di fronte a tali circostanze vissute, osservate e riportate.

Giocatori che vomitavano per il gas pimienta, lesione all’occhio di Pablo Perez, perché la partita non si sospese come nel 2015?

Mi è sembrato che la partita non venne sospesa, portandola a Madrid, perché erano presenti nello stadio Infantino il presidente della FIFA e Dominguez, il presidente CONMEBOL. Era un’immagine che non volevano dare al mondo anche perché quella era la finale e non volevano che mancasse la gara di ritorno. Però per me, fu assolutamente ingiusto far giocare quella partita, perché vidi i giocatori come arrivarono, come erano, come li hanno fatti sentire. Sono entrati (nello spogliatoio ndr) i delegati della CONMEBOL e volevano costringere a giocare i giocatori, non erano interessati alle persone che avevano tagli negli occhi, sulla fronte, vomitando per lo spray al pepe e per quello che gli avevano tirato … è una notizia che mi venne riferita e che mi vergognai molto.

Che idea ti sei fatto? Colpa del River o della polizia?

Il River ha avuto le sue colpe come la sicurezza. River, perché erano tifosi del River quelli che hanno lanciato le pietre e quant’altro sull’autobus Boca.. si poteva finire in tragedia. È colpa anche della sicurezza perché l’operazione fu un fallimento.. Inoltre, quando l’autobus oltrepassò la curva, da quello che mi dissero i membri della delegazione Boca, i tifosi continuarono a lanciare pietre, non solo in quell’angolo, Sì, penso che i responsabili siano stati il River Plate e la polizia.

Quanto è stato importante non avere il pubblico Boca visitante?

Ovviamente è stato molto importante, perché non so cosa sarebbe successo con i tifosi in trasferta, ma conoscendo lo stadio del River, il luogo in cui entra l’autobus, dove passa, tutto ciò è predisposto per il visitatore, ossia, nulla sarebbe successo perché il bus sarebbe entrato attraverso il percorso predisposto per i tifosi del Boca.

Se poi ciò che accadde non fosse successo, avremmo avuto più scontri tra i tifosi in una situazione di violenza, ma secondo me all’autobus da Boca non sarebbe accaduto nulla poichè i tifosi in trasferta allo stadio del River entrano sempre da quella strada, attraverso Quinteros.

È stato giusto poi rigiocare la finale, e a Madrid?

Penso che non sia stato giusto riprogrammare la partita River-Boca a Madrid. In primo luogo perché è una partita che si sarebbe dovuta giocare qui in Argentina se ci fosse stata la possibilità di giocarci di nuovo. E direi anche che si poteva giocarla a porte chiuse, al Monumental. E poi perché mi è sembrato che lo spettacolo di Boca River si vendette al miglior offerente, decidendo tra loro (Conmebol e Fifa ndr) di portarlo a Madrid. Mi è sembrato totalmente ingiusto riprogrammare la finale giocandola a Madrid.

Cosa ci puoi dire sulla breve esperienza di Daniele de Rossi?

De Rossi ha lasciato una grande impressione in squadra e nei tifosi. Quello che è accaduto a De Rossi è che ha giocato poco perché si infortunava spesso. Ma per me De Rossi avrebbe potuto lasciare un’altra immagine nel Boca Juniors. Fu una gradita esperienza che il calcio argentino si sia nutrito da un campione del mondo e da un giocatore come Daniele De Rossi in un’istituzione grande come Boca Jrs. E speriamo che queste esperienze accadano più spesso con calciatori che in Europa hanno vinto tanto, perché sicuramente quando lasceranno l’Argentina resteranno innamorati del nostro calcio.


Come vedi la situazione attuale sul futbol argentino (Covid-19) ?

Il calcio argentino è molto disorganizzato. Hanno cercato negli ultimi anni di dare un quadro organizzativo, avendo però dirigenti in gran parte poco responsabili nella loro guida. Adesso il momento attuale sta mettendo a nudo chi non aveva previsto una situazione simile, sta rivelando chi credeva che tutto si potesse rinnovare e magari con la vendita di qualche giocatore si potesse saldare debiti.

Credo che in questo contesto di COVID-19, essendo l’Argentina un paese così “futbolero” ci sia una sensazione di nostalgia per l’impossibilità di poter andare allo stadio, nel mio caso coprire una partita, del tifoso di andare a vederla… E’ questo che sta succedendo nel calcio argentino.

È vero che c’è il progetto di tornare a 30 squadre? Sei d’accordo?

Esiste un progetto di aggiungere squadre (in Primera ndr) da qui a due anni, di due in due, che porterà 28 squadre in Argentina. Non mi sembra però che sia una cosa buona perché l’Argentina era incamminata e destinata ad averne 20, così da rendere il torneo più competitivo. Pero bueno, gli interessi che derivano dalla sospensione delle retrocessioni per 2 anni e altre questioni porteranno l’Argentina entro il 2022 tornare ad avere 28 club nella Prima Divisione. A me non sembra che sia la strada più adatta.

Bombonera. Probabilmente lo stadio più affascinante del mondo. In Italia si discute se ampliarla o lasciarla intatta. Qual è il tuo pensiero?

La Bombonera è unica ed è come un tempio mondiale. La Bombonera sta per compiere 80 anni della sua costruzione, ora a maggio, ed è uno stadio che ha bisogno di un rimodellamento e ampliamento perché il Boca ha più di 200 mila soci. Attualmente ha una capacità di 54/55 mila, espandendola, si arriverebbe a 80 mila e potrebbe far comodo al club avere più capacità. Penso che anche espandendola, rimarrebbe lo stesso lo stadio più bello del mondo. È molto pittoresco, come è anche molto pittoresco il quartiere di “La Boca”, è come un binomio. Ecco perché il tifoso del Boca si sente identificato con il suo quartiere, con il suo stadio e…ama La Bombonera.

Vedremo mai più il pubblico visitante al SuperClasico?

Penso che in Argentina ci siamo “involuzionati” su questo argomento, non abbiamo avuto più tifosi in trasferta nel torneo locale. Le prime partite che sono state giocate senza pubblico visitante sono state nel 2004 in Copa Libertores de America, nelle semifinali tra Boca e River. Lì la sicurezza decise di non autorizzare trasferte né sul campo del Boca né in quello del River. E così si adottò questa idea per più o meno 10 anni, abituandoci ora ad avere calcio solo con pubblico locale. È un peccato che non possiamo avere la possibilità di ricevere la tifoseria ospite come meriterebbe, soddisfando il bisogno del tifoso in trasferta.

Puoi dare un messaggio ai numerosissimi tifosi Boca in Italia?

I tifosi del Boca sono milioni in tutto il mondo e in Italia esiste un legame particolare essendo un club fondato da genovesi in un quartiere popolato da immigrati italiani. Tutto ciò genera un legame, gli italiani con il Boca Juniors e il Boca Juniors con gli italiani. Il messaggio che voglio dare è che continuino a godersi il club, la squadra da lontano e se possono qualche volta, prendere il biglietto, venire per qualche giorno a Buenos Aires e vedere una partita a La Bombonera.. sarà certamente un giorno indimenticabile nella loro vita!

Per il sito ci aiuta un ‘socio’ Boca (che è mendocino come te) a Buenos Aires, che parla italiano e ha una rubrica del Boca sul sito. E’ Lucas Alcaraz Migliorisi, ci ha aiutato per questa intervista, un ringraziamento va pure a lui.

Un grande abbraccio per Lucas Alcaraz Migliorisi, spero che stia bene e un abbraccio per tutti coloro che fanno parte del sito, continuando a svolgere il lavoro che state facendo!

Gracias Tato per la tua disponibilità, grande ‘periodista’ ma soprattutto grande uomo, ti vogliamo bene! Mucho éxitos, Te deseamos lo mejor!


(In collaborazione con Lucas Alcaraz Migliorisi)

calcioargentino.it

09/12/2018

Una data marchiata a fuoco per i tifosi del River Plate. Ci sono partite che segnano una stagione, una carriera, il 9 dicembre 2018 ha segnato la storia del calcio argentino.

Quando ero nella sala d’attesa con il mio grande amico Leonardo, prima dell’imbarco del volo che da Lione mi avrebbe portato a Madrid l’8 dicembre 2018 alle 18.15, sapevamo che eravamo nella vigilia di una data storica. Dal 9 dicembre in poi, niente sarebbe stato uguale a prima.

Diverso, perché se già una finale tutta argentina é una novità assoluta, una finale a Madrid lo è stato ancora di più. Gli incidenti del 24 novembre 2018 avevano spinto la Conmebol a spostare il ritorno della final in europa, a Madrid. Decisione molto dura da digerire per i tifosi River.. ripensandoci, la reputo ancora un’ingiustizia monumental. Probabilmente, il fatto di ‘traslocare’ nel mitico Santiago Bernabeu, diede cassa di risonanza a una finale, che da Libertadores (sudamericana) diventatava Conquistadores (europea). Se dieci giorni prima questa partita era ignorata dalla maggior parte degli europei, di colpo assunse grandi motivi di interesse per tutti gli amanti del futbol.

In quella mite domenica di dicembre, la gente neutra si divise tra Boca e River. Non me ne vogliano Real e Atletico che per due volte hanno giocato in finale di Champions, ma il Superclàsico non ha eguali per passione e rivalità e poco importa se il tasso tecnico non è all’altezza dei ricchi club europei. Quello é stato il 09/12/2018, la finale più importante a livello di club della storia.

Madrid fu invasa da hinchas River e Boca provenienti da tutto il mondo e parte dall’Argentina. Alcuni avevano venduto la propria auto, altri avevano messo da parte risparmi di tanti mesi di sacrificio per raggiungere il vecchio continente, tutti per la grande festa, nonostante qualcuno ritornando a casa, se ne sarebbe pentito per tutta la vita.

Il fatto che i tifosi xeneizes avessero avuto la possibilità di assistere a Madrid fu una vera ingiustizia. Il club riverplatense e i suoi tifosi, in questa doppia finale, furono lesi due volte. Gia presenti alla Bombonera, i boquensi ebbero pure il vantaggio di assistere al ritorno e questo strideva col fatto che invece i tifosi millonarios non poterono essere presenti nè all’andata, nè al ritorno al Monumental. Nonostante il senso di ingiustizia prevalesse nell’animo del tifoso, la previa, fortunatemente, risultò molto tranquilla e priva di incidenti, anche per per l’eccezionale sistema di sicurezza messo in moto dagli organizzatori. Vedere tifosi di entrambe le squadre passeggiare in tranquillità, incrociandosi nelle vie e nelle piazze della città, senza alcun tipo di problema si dimostrò un gran bel segno di civiltà.

A posteriori, posso dire che temevo molto potesse succedere qualcosa, ma forse la paura della forze dell’ordine (la guarda civil non scherza affatto !) e forse per il timore di dare una brutta immagine argentina, in Spagna prevalse il buonsenso.

La notte di sabato 8 dicembre per me si dimostrò molto corta: dopo una cena abbondante nei pressi della Gran Via, mi immergevo in plaza del Sol, impregnandomi della carica emotiva dei tifosi festanti. Ovviamente sempre in compagnia di Leonardo Chaquer, tifoso sfegatato del River (tanto da chiamare il suo locale a Lione « Monumental »). Lui, a differenza mia, é sempre e comunque ottimista, ma questa volta leggevo nel suo viso un’apprensione nuova, ovviamente giustificata.

Domenica mattina, el gran dia, abbiamo fatto e rifatto la squadra, immaginando tutti gli scenari possibili e immaginabili, ma avevo un solo pensiero fisso. Non dovevamo scoprirci troppo lasciando il Boca giocare di rimessa.

Devo dire che paradossalmente, la tensione scendeva mano a mano con l’avvicinarsi della gara, forse anche grazie al fatto di aver pranzato con i miei amici giunti dall’Italia (Gianni dalla provincia di Trento, Giulio e soprattutto Fabio detto il bauscione da Milano), dandomi un’iniezione di fiducia. Dopo pranzo, nella fan zone in Plaza Cusco, guardando l’entusiasmo e il folklore della gente, mi dicevo “no podemos perder” e non potevo immaginare qualcosa diverso dalla vittoria. Già non era più tempo di letture tattiche, di preoccuparsi sull’approccio della gara o dello stato di forma dei giocatori…..bisogna vincere « como sea ».

Personalmente questa era la mia seconda finale di Libertadores dal vivo: la prima, il 26 giugno 1996 contro l’America di Cali’ in un Monumental (come mai vedremo più nella storia, con la miglior scenografia di sempre all’entrata dei giocatori in campo) ero stato troppo sicuro di vincerla. Quando sono entrato al Bernabeu ero convinto che ce l’avremmo fatta.

Inutile rifare la cronaca della partita, dato che per i primi 40 minuti rimase bloccata e priva di emozioni. Nei primi 45′ la tensione giocava un brutto scherzo ai giovani della cantera del River: Montiel e Palacios di dimostravano ‘troppo timidi’ rispetto al livello a cui ero abituato.

Stadio un po’ freddino per via dell’assenza della barrabrava di entrambe le squadre, solo la classe medio/alta ha potuto permettersi la trasferta transocenaica, e questo è stato un grosso rammarico. Anche l’ambiente si trasformò in europeo e non bastarono le note di Calamaro e Turf per scaldare il Bernabeu. Dal lato River, solo la peña riverplatense di Barcellona, che é il club di tifosi della Banda più numeroso e attivo in Europa, cercava di ‘ricreare’ l’ambiente Monumental ai ragazzi di Gallardo. Iniziava la partita.

Ma allo scadere, ecco il gol di Benedetto su quel contropiede micidiale, proprio come temevo quella mattina stessa.. mi ritrovai completemente frastornato…. Anestetizzato.

Tra andata e ritorno questa era la terza volta che il River in finale si ritrovava in svantaggio, cosa incredibile, e contro Schelotto, maestro nell’amministrare il vantaggio! Anche Leonardo, il mio amico subì il colpo, ma mentre lui si riaccese al gol di Pratto, io rimasi impassibile fino alla fine dei tempi regolamentari. Con il cambio di Quintero per Ponzio avevamo conquistato il dominio a centrocampo, ma lo spauracchio di arrivare ai rigori (e Andrada dagli 11 mesi é pazzesco) mi faceva vedere le streghe.

Ma poi d’incanto arrivava lui, Quinterito, il nostro colombiano paffutello, la sua sassata sotto la traversa, come un fulmine a ciel sereno. E’ difficile spiegare cos’ho provato in quel momento.. La gioia era trattenuta dalla tensione degli ultimi assalti disperati di un Boca commuovente che era rimasto addirittura in 9 a causa del incredibile infortunio del subentrato Gago, finché non scoccava il 120’ .

Credo che la Dea Bendata che ci aveva voltato le spalle nella disgraziata semifinale del 2004, ci ridiede tutto con gli interessi: non potete immaginare il brivido che abbiamo avuto noi che sul tiro di Jara, eravamo proprio dietro quel palo che respinse il pallone in angolo.. L’area del River invasa come la 9 de julio in orario di punta, E poi, Andrada che si portava in area piccola per sfruttare i suoi 193 cm, la respinta di Armani sui piedi di Quintero che prima di tacco e poi con un tocco lanciava il Pity verso la metà campo ormai sguarnita.

Il Resto é storia: « y va el tercero, y gol del River y gol de River y gol de River »

Mi ha stupito molto che durante i festeggiamenti non ci siano stati cori per i vinti e il deflusso dallo stadio avvenne nel modo più sereno possibile. Credo che questo aspetto non sia stato per niente sottolineato dai media!

Non ci sono stati grande scene di feste nelle strade di Madrid, anzi, a dir la verità, i veri festeggiamenti post match sono stati celebrati il 23 dicembre al Monumental (pieno all’inverosimile) e con la squadra quasi al completo, dove ho avuto la fortuna di esserci, facendo parte dei pochi che hanno assistito dal vivo al doppio evento.

Il giorno dopo, arrivando all’aeroporto di Barajas, é stato strano vedere centinaia di persone con la maglia della Banda all’imbarco di voli di diverse destinazioni europee. Ma quanti tifosi del River ci sono in Europa??

Arrivato a casa, a Lione, la ‘sbornia’ è durata tantissimo, e ancora adesso, quando ci ripenso. Le persone che non mi conoscevano, incontrandomi, probabilmente si saranno fatti questa domanda..

Perchè diamine quello lì sorride ogni volta che lo vedo? ..

di Bruja


calcioargentino.it

‘Football bloody hell’

Queste furono le parole di un ilare Sir Alex Ferguson al termine della più rocambolesca finale di Champions League. Era il 26/05/1999 in un Camp Nou gremito da più di 90.000 spettatori e anche all’epoca un Bayern in controllo totale della gara dopo il gol a freddo di Basler, dovette soccombere nei minuti di recupero dai subentrati Sheringam e Solskjaer.

I corsi e ricorsi storici, vogliono che 20 anni dopo, un’altra squadra rossonera compia la stessa prodezza nella prima Finale « alla europea » della coppa Libertadores.

Flamengo-River si è già giocata da qualche giorno e analizzandola, l’esito della finale di Lima non ha nulla di sorprendente in sé stessa: il Flamengo era nettamente favorito, ma nessuno si aspettava una partita del genere. L’amarezza e il dolore a poco meno di 48 ore sono ancora forti e profondi, non danno pace soprattutto i 78 minuti (dal 10’ al 88’) in cui il River ha avuto il controllo totale della gara, arrivando a 3’ dal Back to Back che avrebbe permesso a Gallardo di eguagliare Carlos Bianchi con il Boca 2000/2001. Si possono cercare le cause e gli errori fatti negli ultimi minuti, ma nessun tifoso riverplatense a caldo vuole o puo’ farlo.

Le attenuanti per il River sono molteplici: la differenza abissale di budget, una rosa tecnicamente inferiore e soprattutto gli infortuni avvenuti durante la partita che hanno obbligato Gallardo a fare dei cambi (alcuni sbagliati).

Eppure la partita inizia nel migliore dei modi, perché alla prima occasione, Santos Borré porta in vantaggio i campioni in carica su un centro senza pretese di Nacho Fernandez. Gran gol di Santos, che dà conferma quello che già sapevo: la difesa è l’unico punto debole del Flamengo perchè nell’azione del gol, né Rodrigo Caio né Diego Alves sono esenti da colpe. Il vantaggio permette al River di chiudere tutti gli spazi. Teme Gallardo infatti la spinta sulle fasce degli “esperti europei” di Rafinha e Filipe Luis, ma De La Cruz e Nacho Fernandez fanno bene il loro dovere, rimanendo molto alti e ‘ricacciando’ i brasiliani all’indietro.

Qualsiasi giornalista nel preparare le pagelle del primo tempo avrebbe preparato due 10:

  • A Enzo Perez, dominatore assoluto del centrocampo, la cui gara dovrebbe essere materia di studio nelle scuole calcio per la posizione di «volante de contencion»;
  • A Javier Pinola autentico mastino che riesce a cancellare Gabriel Barbosa fino al 56’ senza fargli letteralmente toccare palla.

Ma se il mendocino ed il Pelado sono giocatori di esperienza (il primo era alla sua terza finale di Libertadores con le maglie di River e Estudiantes e il secondo è alla sua seconda finale col River) in questa partita vorrei sottolineare le prestazioni di altri due giocatori: Montiel e Palacios.

Per personalità e grinta, Palacios ha fatto una delle sue migliori partite da quando é in prima squadra, constringendo Gerson (irriconoscibile) e Arão ad una partita di puro contenimento. E pazienza se a fine partita è stato espulso per frustrazione, il mio giudizio su di lui non cambia.

Cachete Montiel invece aveva l’arduo compito di contenere il miglior giocatore del Flamengo (Bruno Henrique) e impedire le incursioni di Filipe Luis: Eseguito alla perfezione. Purtroppo negli ultimi minuti, a causa di un affaticamento muscolare non riesce a chiudere su Bruno Enrique. Sarà l’artefice del pareggio carioca.

Ben 4 giocatori del vivaio Gallardo ha messo in campo in questa final (tra titolari e giocatori subentrati). 4 giocatori provenienti dalle giovanili: Montiel, Martinez Quarta, Palacios e Julian Alvarez. E’ questo che fa del River Plate una squadra speciale nel calcio mondiale: avere in prima squadra sempre prodotti del suo vivaio e a questi livelli non è cosa da poco e poche squadre possono vantarsi di tale tradizione. E se vogliamo è anche una sorta di paracadute questa continua valorizzazione del settore giovanile, per un club sempre in bilico a livello finanziario, nel contesto di un Argentina sempre più in crisi economica.

Si diceva dei cambi di Gallardo: il cambio Alvarez per uno stanchissimo Nacho Fernandez (che é arrivato al finale di stagione non nel suo miglior stato di forma) non é piaciuto a molti, ma i problemi sono iniziati quando Pratto ha sostituito Santos Borré e soprattutto quando Paulo Diaz ha preso il posto dell’infortunato Casco. Questi sono stati i cambi sbagliati e purtroppo decisivi, assieme all’ingresso del veterano Diego Ribas hanno fatto svoltare la partita. All’89’ Pratto perdendo un pallone sanguinoso con il River Plate sbilanciato in avanti, fa scaturire un fulmineo contropiede in cui Pinola non riesce a chiudere su De Arrascaeta, con Paulo Diaz che si fa bruciare da Gabigol. 1-1

Poteva essere ‘la partita’ per Pinola, ed invece, è dal lungo lancio di Diego che Javier commette il suo unico errore, forse il più immeritato nella sua lunga gloriosa carriera, che fa perdere la coppa già in direzione di Nuñez.

Si dice che prima di vincere, bisogna saper perdere, e l’atteggiamento dello staff tecnico di Napoleon e dei giocatori, che sono rimasti alla premiazione degli avversari, fa capire a tutti perché il River Plate é EL MAS GRANDE…….LEJOS.

Spero che questa batosta non lasci scorie dannose, perché si avvicina il 13/12, giorno della finale di Copa Argentina contro il Central Cordoba di Santiago del Estero a Mendoza e visto che si avvicinano le feste di fine anno, i tifosi Millonarios sono abituati a brindare con una COPA….

Gallardo che consola i suoi uomini. Cinque minuti prima stava vincendo.

Levanta la cabeza e vuelve a pelear, River de mi corazon!

Di Bruja


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I due minuti che hanno sconfitto il migliore

La più bella immagine di River Plate-Flamengo è la gigantografia del dolore e dell’orgoglio della squadra di Marcelo Gallardo, che non sfila la medaglia di seconda dal collo, si schiera davanti ai rivali brasiliani, e gli applaude mentre alzano al cielo la Copa Libertadores 2019, trentotto anni dopo Zico. Dopo la loro ultima volta.
Nessuna squadra poteva togliere ai campioni in carica il trofeo se non i rubro-negros, e nessuno poteva rendere così difficile il compito a Jorge Jesus se non i riverplatensi.

La prima finale unica della storia di questa competizione è stata incredibilmente giusta nella sorte che ha concesso alle due squadre in questione di arrivarvi: River Plate e Flamengo rappresentano le due espressioni massime del calcio del Nuovo Continente in questo momento, pur vivendo due storie agli antipodi: il primo schieramento è al coronamento del miglior ciclo della sua centenaria storia, il secondo sta ricominciando a meritare di avere la più numerosa e folta tifoseria che esista al mondo.
Doveroso, prima di passare in rassegna i fatti, è una duplice premessa, di cui la prima rispecchia la profonda convinzione di chi scrive: El Muñeco è il miglior allenatore in circolazione. Il River Plate ha disputato la quattordicesima finale in cinque anni. Di queste ne ha vinte dieci, mettendo fine al periodo interminabile di diciassette anni senza posizione alcuna coppa in bacheca.

La gara di Lima non è stata spettacolare quasi in nessun momento, ma l’equilibrio è sempre stato il maggior talento del River Plate dal 2014 a questa parte. I termini e il ritmo del match li ha decisi la formazione argentina, che ha sorpreso evidentemente il Flamengo. Non si sono visti gli sprazzi di luce che di solito emana il trio Bruno Henrique-Gabigol-De Arrascaeta. Il River Plate è stato praticamente sempre in superiorità numerica, ha dominato fisicamente il centrocampo avversario con Enzo Pérez ed Exequiel Palacios, chiudendo ogni linea di passaggio a Everton Ribeiro, che quasi non si è visto. Il jolly è stato De la Cruz, che ha svariato dal fronte difensivo a quello offensivo, mettendo Matías Suárez nella posizione di divenire indispensabile e sempre propositivo. Ha sognato a occhi aperti al 15′ della prima frazione di gioco Rafael Santos Borré: un’altra finale poteva essere decisa dall’intelligenza colombiana.
Dopo un ottimo torneo, a Madrid contro il Boca Juniors nella gara del secolo Borré fu assente per aver accumulato cartellini gialli, ma a colorare di cafetero il cielo del Bernabeu fu il connazionale Quintero. Quest’anno avrebbe potuto ripetersi la magia.
Pinola, poi, a trentasei anni ancora non dà calci sbiaditi al pallone: i suoi interventi hanno blindato l’arco di Armani, che non può dire di essersi preoccupato troppo.

L’errore forse è lì: il River Plate ha dominato ogni istante, ma si è poi imborghesito. Dopo il 70′ si è convinto evidentemente di aver già cucita sulla maglia la toppa di un’altra Copa, e si è rilassato al punto che Gallardo (e questo è un dato incredibilmente negativo per una hinchada sudamericana) ha dovuto chiedere a gran voce al pubblico di continuare a incitare la squadra.
La partita era morta“, dirà Enzo Pérez al termine della gara, ma mai momento fu più vivo per il Flamengo che l’89’.
Se qualcosa Jorge Jesus ha dato di indistruttibile ai brasiliani è l’anima.
Gabigol ha pagato il conto col destino e ha scritto la prima tacita regola della storia della finale unica della Libertadores: la partita finisce solo quando segna lui. Come se non fosse sazio delle 22 reti e 8 assist messi a segno in 26 partite stagionali. Con la partecipazione consueta di De Arrascaeta ha cambiato il futuro della partita a un minuto dalla fine. I quattro di recupero che ha poi concesso il cileno Tobar sono serviti solo ad aprire all’ex attaccante dell’Inter i viali della gloria.

📷GettyImages


Un Flamengo irriconoscibile ha reso giustizia alla meravigliosa stagione condotta tra campionato locale e competizioni internazionali.
Pratto è stato solo l’alter ego del giocatore visto a Madrid l’anno scorso e i cambi sono stati fatali a Napoleón.
Due minuti affinché un solo giocatore abbattesse la sua fedele e irresistibile armata.
Gabigol è stato l’unico del Mengão a toccare la coppa all’ingresso in campo: la sfiora e poi appoggia quella stessa mano sul cuore. Non è un modo spavaldo di affrontare la malasorte di chi si avvicina al trofeo prima di vincerlo, è stata solo la sua maniera di fissare un appuntamento al quale sapeva che non sarebbe mancato. Era il 23 ottobre del 1981 il giorno in cui il Flamengo alzò al cielo la sua ultima Copa Libertadores. Un destino? Se tre indizi fanno una prova: quell’anno al Mondiale per Club il Flamengo affrontò il Liverpool, e lo stesso accadrà anche questa volta se gli uomini di Jorge Jesus dovessero vincere la prima sfida in programma.

Non si può mai scegliere come perdere né si può garantire una vittoria. Si può solo giocare nel miglior modo possibile, come ha fatto il River Plate. E sperare che l’unico errore della partita non ti costi il gol che la decide, come potrà ricordare un giorno Pinola. Non si scelgono i tempi, si gestiscono i colpi, e credere di non subirne più perché il 90′ è già arrivato, è stata la pecca del River Plate. Di sé, tempo fa, il portoghese Jorge Jesus disse: “Sono il miglior allenatore del mondo, ma questo potrò giustificarlo quando vincerò la Champions League”. Non è ancora accaduto, ma ieri sera ha portato a casa l’equivalente in America. In pochi minuti è diventato il secondo allenatore europeo a poter raccontare questa storia. Prima di lui a vincere la Libertadores ci era riuscito soltanto il croata Jozic nel 1991, guidando i cileni del Colo-Colo.
Difficile dire se la misura di un trofeo sia abbastanza grande per contenere le capacità di un allenatore fino a definirlo il più grande di tutti. Forse i numeri non bastano: forse per definirsi migliore serve anche il corteo di tifosi del River Plate, che ha raggiunto la squadra in hotel e le ha applaudito. Nonostante tutto, nonostante il dolore. Forse serve che il goleador della gara dica nel post-partita, con ancora le lacrime agli occhi: “Desideravo tanto parlare con Gallardo, ma non ci sono riuscito. Sono un suo tifoso, volevo fargli i complimenti perché ha una squadra fortissima, l’unica probabilmente ad averci messo in difficoltà. Un allenatore straordinario“.

Ci sono molti modi di vincere, quasi tutti meritati e comprensibili; ce ne sono altrettanti di perdere, ma solo Gallardo riesce a farlo conservando ogni frammento d’orgoglio.

Di Sabrina Uccello


calcioargentino.it

Il River all’esame FINAL

Il River tra due giorni affronterà la sua quinta finale di Copa Libertadores.
Di fronte si troverà il Flamengo, squadrone brasiliano forse al massimo della forma dall’inizio dell’anno, in una sfida dal fascino assoluto.‬
Impresa ardua per Marcelo Gallardo dato per sfavorito dai bookmakers.‬

Betfair

‪La novità della finale unica scombina i piani fin qui sperimentati in questi anni continentali da Marcelo. Non c’è più possibilità di recuperare l’eventuale passo falso fatto nella gara d’andata, e come nelle finali europee serve la partita perfetta.

Come dice el Leon Seba Driussi vincerà la Copa la squadra che farà meno errori. A prima vista sembra del tutto logico, ma da queste parti (tranne che per la finale di Copa de Mundo) è una novità assoluta. Lo abbiamo visto 15 giorni fa in Copa Sudamericana. Ecco, d’ora in avanti le finali nel continente latino si vivranno in maniera ancor più esasperata.

Secondo questa logica immaginiamo che Gallardo abbia già ben definita la formazione in testa, e non da ieri.

Probabilmente el Muneco nelle sue speranze (e in quelle dei tifosi) confidava sul fatto che Juanfer Quintero fosse già abile, arruolabile e titolare per la final. Ha recuperato bene ‘el izquierdo’ dal bruttissimo infortunio, e questo è l’importante, ma non giocherà dal 1’ minuto per la mancanza di ritmo partita. Lo consolerà la ‘buena onda’ dell’uruguayo De La Cruz che ultimamente sta convincendo tutti in campo a suon di prestazioni importanti. Autentico trascinatore in Superliga e certezza nel cammino fin qui in Libertadores. Altro giocatore fondamentale su cui Napoleón potrà contare è il Nacho Fernandez, che a detta di Riquelme, attualmente il migliore calciatore in Argentina. Decisivo nelle giocate di Madrid, proverà a prendere in mano la squadra, inventando anche a Lima.


Enzo Perez

C’era tanta preoccupazione la settimana scorsa per l’infortunio a Enzo Perez, al termine della partita di Copa Argentina contro l’Estudiantes de BuenosAires. Ebbene, el capitan ha recuperato totalmente ed è a disposizione della squadra. Una buonissima notizia per il River. Giocatore dalle mille battaglie, aiuterà la difesa in fase di non possesso e quando ne avrà la possibilità farà partire l’azione come da suo solito. Davanti alla difesa è una garanzia.

Data l’importanza della partita, riuscire a lasciare il segno equivarrebbe a farsi notare ancora di più a livello mondiale. Potrebbe essere la partita della vita per Palacios, da tempo sui taccuini di osservatori di mezza Europa, come pure per il colombiano Borrè, lì davanti. Vincere, oltre che per il bene della squadra (e tifosi) anche per il prestigio personale. È sempre stato così e nessuno ci ha mai perso.

I dubbi più importanti di Marcelo. L’incognita più grande riguarda il punto debole del River: il reparto difensivo. Spesso appare in difficoltà soprattutto su palle inattive (angoli, punizioni vedi la semifinale di ritorno Boca-River) e non sempre Martinez Quarta e Pinola hanno garantito massima sicurezza dalle parti di Armani.

Come giocherà il River? El Muñeco certamente avrà pensato al plan B, quello della difesa a tre (a 5 in ripiegamento) come l’anno scorso, quando sorprese el Mellizo Schelotto nel Boca-River alla Bombonera. Paulo Díaz si aggiungerebbe ai due centrali difensivi, ma si rinuncerebbe a Suarez o Borré lì davanti.
Il piano A è giocare a specchio contro il Flamengo utilizzando il modulo classico (4-4-2 / 4-1-3-2 calcolando Enzo Perez in mediana) per cercare di annullare il gioco brasiliano.

Una cosa è certa: La scontata importanza della partita. Vincere un’altra Copa Libertadores equivarrebbe entrare nella leggenda più definitiva del club (e già Gallardo c’è con tutti e i due piedi), nel Continente e nel Mondo. Vincere 3 Libertadores avvicinerebbe Marcelo a Carlos Bianchi (4 Libertadores), e ne farebbe una sorta di divinità assoluta.

Già da qualche anno il Muñeco Gallardo si è fatto notare in Europa per le sue abilità da stratega. E’ il più europeo degli allenatori nel Sudamerica e meriterebbe una chance nel vecchio continente. Guardiola a proposito la ha già battezzato come uno dei tre allenatori più bravi nel mondo. Se poi riuscisse nell’impresa di trionfare, allora sarebbe l’apoteosi e ulteriore fama in più. A prescindere però dalla conquista della Libertadores rimarrebbe sempre il più titolato allenatore ancora in attività del Sudamerica. Un titolo appetibile per molte squadre europee in cerca di gloria.

“Nel mio calcio essenziale è prendere l’iniziativa e far pressing,

ma poi ci sono anche i momenti sfavorevoli.

Bisogna allora interpretare la partita e capire come uscirne” 

Marcelo Gallardo

E i tifosi? La sensazione a soli due giorni dalla grande final è che l’hinchada Riverplatense tema molto questa partita. Sono consapevoli della qualità del Flamengo della sue bocche di fuoco. Ma soprattutto del fatto che questa volta non si giochi contro il Boca. Se fosse stato così, probabilmente a Nuñez già si stava festeggiando..

Il River deve aver fiducia nei propri mezzi e soprattutto fiducia di Napoleón, guardando e valorizzando i punti di forza della squadra: il gruppo unito, il condottiero in panchina e l’esperienza continentale degli ultimi 5 anni.

L’appuntamento con la storia è quidi per sabato sera, ore 21:00 italiane, dove il glorioso River Plate proverà a conquistare la sua quinta Copa Libertadores della storia.

Noi essendo di parte, ce lo auguriamo con tutto il cuore ❤️


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Il Cuore dei vinti

I vincitori vincono tutti allo stesso modo, ogni sconfitto invece ha il suo modo di sentire il dolore. Gli aneddoti dei vincitori finiscono sempre per diventare equivalenti: tutti dimenticano ciò che c’era prima, e raggiungono il medesimo picco di felicità. All’unisono.

Gli sconfitti, invece, hanno una storia diversa: ognuno stava facendo qualcosa prima di perdere e, potendo, tornerebbe indietro per rendersi conto che si stava meglio o che cambiando un solo fattore, anche il risultato sarebbe stato diverso.

“Il Colón non mi dà da mangiare, però può arrivare a darmi l’allegria più grande della mia vita”. L’ha pensato, per esempio, uno dei vinti prima che la finale di Copa Sudamericana si disputasse sabato pomeriggio in Paraguay, nel Barrio Obrero di Asunción all’Estadio General Pablo Rojas.

In 114 anni di storia mai il Colón ha giocato e vinto una finale continentale, stessa bacheca vuota anche per gli ecuadoriani dell’Independiente del Valle. Il ballo delle debuttanti, ma solo una indossò alla fine la corona. C’è modo e modo di arrivare a giocarsi una finale, ma c’è solo una strategia per vincerla: essere i migliori.

Così mentre El Negriazul ha impiegato dieci anni per arrivarci, assoldando un tecnico spagnolo che non è mai stato calciatore, Miguel Ángel Ramírez Medina, e adottando la linea verde basata sul forma-vendi-compra giovani promettenti, il Colón ci è arrivato di scommessa. Ha trascurato il campionato, dedicandosi anima e corpo all’impresa che avrebbe finalmente visto inciso il proprio nome sulla Coppa dei grandi. La ilusión non è stata abbastanza né è bastato spendere i risparmi di una vita per un posto a sedere nella Nueva Olla o piuttosto pedalare da un paese all’altro sognando la prima stella sullo scudo rojo y negro.

Troppo piccoli i ragazzi di Santa Fe o troppo grandi quelli dell’Independiente. I rivali si sono imposti con un 3-1 sentenzioso, grazie alle reti di León, Enríquez e Dajomé. Oliver ha cercato di tenere accesa la luce della speranza con il gol della bandiera al minuto 89, ma a niente è servito.
Fiumi di lacrime hanno accompagnato il temporale, che aveva già in precedenza obbligato a interrompere la finale, conclusasi all’intervallo per il Colón.

La squadra di Pablo Lavallén non ha mai dimostrato nei due tempi di gioco di poterla vincere. Quando al 55′ la Pulga Rodríguez poi sbaglia dal dischetto, ti rendi conto che il cuore non vince sul calcio. Il capitano, che in campo era sceso anche a pochi giorni di distanza dalla morte del padre segnando e convincendo, è stato il primo a mancare. Non il temperamento dei giorni migliori, quasi come l’importanza dell’evento avesse suscitato l’incredibile paura di essere protagonisti e vincere. Una corsa al titolo non misurata né organizzata, ma vissuta con la sola spinta del tifo non basta.

L’Independiente dallo stile europeo l’ha dimostrato. E adesso al Colón tocca pagare anche il conto del promedio, in una stagione di calcio nazionale che già sta girando pagina verso la prossima. La finale unica non ti dà rivincita: se sbagli, non c’è una seconda possibilità. Il Colón si è lasciato dominare, cercando di mantenere la linea difensiva alta, tuttavia sulle fasce laterali Ortiz e Olivera sono stati spogliati di ogni autorità. El Sabalero raramente si è visto dalle parti di Pinos, che avrebbe potuto serenamente sorseggiare un mate offerto dagli spalti. Dopo un’ora di gioco e l’interruzione a causa della pioggia, quasi è parsa un’altra partita, con gli argentini che offensivamente si sono proposti con più coraggio.

Tuttavia, Estigarribia e Zuqui, ad esempio non si sono visti dalle parti di Asunción, e l’altura ha poi favorito chi vi è più abituato. Oltre 30.000 persone per un sogno sfumato.
Ci sono tanti modi di perdere, l’abbiamo detto. Il peggiore è farlo consapevole che la sola foga agonistica non basti, eppure non facendo nulla per cambiare la situazione.

L’Independiente ha vinto offrendo al Colón una lezione di calcio, ed esponendogli le motivazioni della sua supremazia a ogni tocco palla.
Inconsolabili hanno lasciato il campo i calciatori della Raza, giurando che il dolore più grande è la consapevolezza che qualcuno abbia venduto tutto per una gioia che non è mai arrivata.
Arriverà, prima o poi, ma non sarà lo stesso.

Perché la prima volta non si scorda mai. Chau, Cristóbal y disculpanos.

di Sabrina Uccello


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